Andremo
In cammino con la Parola
Pubblicato il Novembre 16, 2022

Andremo con gioia alla casa del Signore

Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 20 novembre 2022.

 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Commento

Nella solennità di Cristo Re la liturgia ci presenta la scena della crocifissione nel racconto dell’evangelista Luca ed è un passo molto appropriato perché, in effetti, è punteggiato di riferimenti alla regalità di Gesù. Certo è una regalità che nel momento della croce si fa fatica a riconoscere e il Messia è assiso su un trono paradossale ma leggendo il testo in controluce è tutto chiaro: le parole che sono usate per dileggiare Gesù in realtà dicono perfettamente chi egli sia. Le prime affermazioni sono di gruppi di persone che deridono Gesù prendendo spunto dai titoli che erano usati per identificare la sua missione.

I capi lo chiamano il “Cristo di Dio, l’eletto” e questo naturalmente ci riporta alle profezie messianiche di un nuovo re Davide che viene a governare secondo il cuore di Dio (1Samuele 13,14). I soldati invece riprendono ironicamente la motivazione scritta sulla croce “costui è il re dei Giudei” e ne fanno motivo di scherno. Sia i capi sia i soldati guardando questo re malconcio lo sfidano a salvarsi, perché questo fanno i re, agiscono con potere e forza per salvare se stessi e gli altri. Il richiamo a salvare se stesso compare per ben tre volte nel brano, anche uno dei malfattori crocefissi con Gesù lo chiama Cristo e lo provoca a mettersi in salvo e a portarsi dietro anche lui. Gli uomini cercano la salvezza ma la pensano come un aver salva la vita, per continuare a realizzare i loro progetti in fondo spesso ispirati dal proprio interesse. Per chi resta fissato su una vita fatta di avere e potere, Gesù crocefisso appare essere un salvatore davvero poco efficiente.

Invece Gesù sta davvero salvando se stesso e gli uomini ma in una forma fino ad allora imprevedibile. Gesù si lascia prendere in giro, anzi lascia che il suo gesto di donazione e di salvezza sia radicalmente frainteso: chi passa per la collina del Golgota e vede i tre crocefissi può pensare a ragione che siano dei delinquenti che hanno meritato la loro pena. A ben vedere ciò che sorprende non è tanto l’umiliazione della derisione ma l’esito di una storia che pure ha visto le folle del discorso della montagna e l’accorrere di ammalati che andavano a farsi guarire. Tutto è finito in niente. Com’è avvenuto che tutto è passato e tutti hanno dimenticato?

È la dinamica totalmente umana del ribaltamento improvviso delle sorti, per cui le azioni umane sono sottoposte a eventi incontrollabili, a poteri forti e all’incrocio d’interessi contrapposti, che nel caso di Gesù portano a una condanna, con una motivazione falsa ma che in realtà afferma la verità. Così capita a tanti uomini che vedono la loro vita drammaticamente segnata, apparentemente senza un disegno, da eventi piccoli e grandi che non controllano e per i quali non hanno nessuna responsabilità. Anche in questo Gesù condivide completamente l’esperienza umana, senza tuttavia tremare perché la sua morte, come la sua regalità, risulta trascurabile agli occhi degli uomini.

Questa forma di debolezza emerge anche nel mondo di oggi in cui la salvezza di Gesù è spesso irrilevante e appare solo in filigrana tra le tante suggestioni dei tempi. Nel vangelo il popolo sta a guardare, sospeso tra un osservare curioso e l’attesa di qualcosa (negli altri vangeli sinottici i passanti insultano Gesù). L’unico che si apre alla regalità di Cristo è il secondo malfattore che riconosce di essere colpevole e di avere davanti un salvatore. Gesù è venuto per uomini come questo, gli altri possono solo fraintendere qualsiasi cosa lui dica o faccia perché tutto filtrano attraverso uno spesso strato di personali priorità. Nel momento in cui usa misericordia e promette il paradiso, Gesù è veramente re, un re vulnerabile come ogni altro uomo ma che sa che se il chicco di grano non muore non porta frutto e perciò si abbandona fiducioso nelle mani del Padre gridando «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Sal 30,6).

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