Tumore
Attualità
Pubblicato il Gennaio 10, 2023

Tumore della mammella, lo studio IRMA coordinato da Radioterapia bolognese e modenese

La Radioterapia bolognese e quella modenese hanno coordinato lo studio IRMA che consolida un cambiamento della pratica clinica che riguarda il tumore della mammella. Pubblicato su Journal of Clinical Oncology, uno dei tre giornali più prestigiosi del mondo in ambito oncologico, ha studiato l’irradiazione parziale accelerata della mammella

Da sinistra Bruno Meduri, Frank Lohr, Patrizia Giacobazzi

 

Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena e Azienda Usl di Bologna, in prima linea nella ricerca di nuovi approcci terapeutici per il tumore della mammella, tramite l’irradiazione parziale accelerata, delle pazienti già sottoposte a intervento di chirurgia conservativa. Lo studio – coordinato da Giovanni Frezza, già direttore del Dipartimento Oncologico e della Radioterapia dell’Azienda USL di Bologna assieme a Bruno Meduri, oncologo radioterapista della Radioterapia Oncologica del Policlinico di Modena, diretta dal prof. Frank Lohr, è stato pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Clinical Oncology – il periodico della Società Americana di Oncologia – tra le riviste più importanti di settore e ha visto la partecipazione della Radioterapia dell’Ausl IRCCS di Reggio Emilia diretta da Cinzia Iotti. Azienda USL IRCCS di Reggio Emilia

Partito nel 2007 con l’arruolamento concluso nel 2019 grazie alla collaborazione dei principali centri di Radioterapia Oncologica della Regione Emilia-Romagna, lo studio ha poi coinvolto 35 centri a livello nazionale ed internazionale. Un lavoro di squadra che sta ponendo le basi per cambiare la pratica clinica nelle donne sottoposte a chirurgia conservativa, con neoplasia mammaria in stadio iniziale. “Lo studio – ha spiegato Bruno Meduri, oncologo radioterapista dell’AOU di Modena e co-coordinatore dello studio – ha valutato un innovativo approccio di irradiazione parziale della mammella con radioterapia a fasci esterni, arruolando più di 3.000 pazienti tra Italia, Olanda, Israele, Svizzera e Spagna, un quarto delle quali, 750, tra le donne in cura presso l’Azienda Usl di Bologna. Il trattamento solo di una parte della mammella in un modo accelerato consente di ridurre notevolmente la durata complessiva della radioterapia a soli 5 giorni. Si tratta dello studio su questo argomento che ha coinvolto il maggior numero di pazienti a livello mondiale”.

“L’ipotesi che lo studio IRMA ha indagato – ha affermato Giovanni Frezza, già direttore del Dipartimento Oncologico e della Radioterapia dell’Azienda USL di Bologna e insieme con il dottor Filippo Bertoni (ex-direttore della radioterapia dell’AOU Modena) co-coordinatore dello studio – è la possibilità di ridurre in maniera significativa la durata del trattamento, che negli schemi standard è di 3-5 settimane, senza comprometterne l’efficacia. I nostri risultati iniziali sono incoraggianti e, insieme con quelli di altri studi ad ampio raggio renderanno il trattamento meno impegnativo per una parte delle pazienti, circa il 40% delle donne sottoposte a chirurgia conservativa, e permetteranno di aumentare il numero delle pazienti trattate nello stesso arco di tempo”.

Il progetto è stato inizialmente co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna. “Lo studio – aggiunge Frank Lohr, direttore della Radioterapia dell’AOU di Modena – è nato con l’obiettivo di valutare l’efficacia clinica della irradiazione parziale dell’area della mammella in cui il chirurgo ha asportato la neoformazione, su un gruppo di pazienti selezionate in base a una serie di parametri clinici ben definiti. Siccome la tossicità dei trattamenti radioterapici è rilevabile in tempi brevi, abbiamo intanto potuto pubblicare gli esiti della prima parte della ricerca, che ha dimostrato che per entrambi i tipi di trattamento si manifestano pochi effetti collaterali. L’efficacia, delle pratiche radioterapiche sul tumore, invece, può essere valutata solo dopo 4-5 anni dalla somministrazione e per questo motivo, i dati di controllo della malattia sono disponibili da quest’anno e potranno essere pubblicati solo a partire dall’anno prossimo. Dopo una discussione all’interno del gruppo di ricerca regionale, saranno pubblicati nel 2023”.

“I risultati pubblicati adesso – ha precisato Patrizia Giacobazzi, oncologa radioterapista dell’AOU di Modena – che si concentrano sulla tossicità del trattamento, dimostrano che. entrambe le modalità di trattamento hanno presentato un basso tasso di effetti collaterali. Insieme con altri due grandi studi internazionali questi risultati permettono di ottimizzare ulteriormente la metodica e identificare i sottogruppi di pazienti che hanno il maggiore beneficio”.

 

 

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