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Intelligenza neuronale, lavoro manuale e creatività

“Lo sportello di Notizie”: Guido Zaccarelli, consulente d’azienda, interviene su questioni inerenti il vivere quotidiano

Intelligenza neuronale, lavoro manuale e creatività

 

Il mondo del lavoro è in radicale trasformazione, continuamente soggetto alle leggi della domanda e dell’offerta che chiedono organizzazioni adattive ai mutevoli contesti sociali. La percezione comune è di una forza (Adam Smith l’avrebbe chiama la “mano invisibile”) che attira tutti gli strati della società verso un mondo che nessuno è in grado di controllare perché in cammino verso ”l’invisibile” che non dà modo all’uomo di riflettere. Il presente avanza immerso nella tecnologia 4.0 per tenere traccia dei cambiamenti presenti nell’economia del lavoro, dalla rivoluzione industriale ad oggi. Il passato osserva l’uomo che lavora la terra e l’agricoltura ha sempre rappresentato l’unica forma di sostegno alla vita quotidiana. In Inghilterra, a cavallo del Seicento, l’agricoltura rappresentava il cuore dell’economia e con l’avvento della tecnologia iniziava ad attirare nuovi lavoratori popolando le città che iniziarono a urbanizzarsi.

Nel versante francese, a metà del Settecento, nasceva la fisiocrazia che cercava di elevare l’agricoltura a nuova economia per la sua capacità di moltiplicare la produzione e il rendimento finale. L’uomo al centro di un nuovo modo d’intendere la crescita economica. I continui apporti provenienti dal mondo scientifico, ed economico, spingono nella metà dell’Ottocento, alla nascita della rivoluzione industriale che attira una fetta consistente di popolazione dalle campagne alla fabbrica stanca di vivere con il reddito ottenuto dalla differenza tra il grano ottenuto dal raccolto e il grano impiegato per produrlo, cui aggiungere chi ha lavorato. Il lavoro manuale nelle fabbriche era poco salutare per garantire, come si dice oggi, il benessere organizzativo. La tecnologia ha migliorato il lavoro dell’uomo e camminando sulla linea del tempo ha assorbito la manualità dando la luce alla società dei servizi: le persone cui è stato “tolto il lavoro manuale” sono state occupate nei “servizi amministrativi – digitali”, sollevando le istituzioni dalla possibile presenza del precariato. Con la nascita della società dei servizi nascono modelli organizzativi sempre più burocratici ben spiegati dal filosofo tedesco Max Weber che vede scomparire la libera azione dell’uomo basata sulla manualità e la pratica quotidiana a vantaggio di una presenza sempre più massiva di persone “amministrative” cui vengono delegati compiti sempre più invasivi nella creazione di pratiche spesso inutili.

Dalla catena di montaggio manuale, tipica del mondo del lavoro d’inizio Novecento, alla catena di montaggio “amministrativa” attuale, un lavoro quello del passa carte che rende l’uomo schiavo della burocrazia che caratterizza l’organizzazione dove il capo ufficio controlla il funzionario che deve rendere conto del proprio lavoro al superiore. Questo a lungo andare porta alla scomparsa della creatività intesa l’attitudine dell’uomo alla evoluzione, quella che Platone ha inteso essere il punto di contatto tra il mondo delle idee e l’oggetto da realizzare e l’espressione della bellezza. La mancanza dell’azione creativa toglie il respiro all’organizzazione e alla meritocrazia che penalizza chi desidera fare in relazione alla subordinazione gerarchica. L’uomo riduce la propria capacità immaginativa e il dono della conoscenza agli altri perché le persone sono nate nella disponibilità di compiere rapide escursioni con la mente all’interno dei poli che caratterizzano il continuum della creatività. La creatività è il seme delle innovazioni che si sviluppano seguendo spesso un processo neuronale, come i segnali elettrici presenti nel cervello.

Ogni neurone è “collegato” a un altro neurone tramite il neurotrasmettitore che consente il passaggio dell’impulso elettrico da uno all’altro e insieme permettono all’uomo di agire e pensare. Intuizione, scoperta, ispirazione e appunto creatività sono gli ingredienti – riporta Vito Mancuso nel libro “Il bisogno di pensare” – necessari del pensare che Aristotele diceva “venire fuori da ed è divino” che rimanda ad una dimensione dell’essere più potente di noi a cui sentiamo di appartenere, qualcosa che ci sovrasta e che al contempo attrae e consola. Oggi ai computer viene chiesto di elaborare velocemente i dati. Si lavora per ottenere dalla tecnologia le risposte che l’uomo non è in grado di dare in tempi rapidi. Ci sono i computer chiamati machine learning (macchine che apprendono) rapidamente dalle singole esperienze umane, i ChatBot programmi sviluppati per offrire all’uomo la possibilità di parlare con la tecnologia in una relazione paritetica, dove si cerca di simulare un dialogo tra umani.

Tutto grazie alla intelligenza artificiale che “ragiona” come il cervello di un uomo, un sistema a base neuronale. Stiamo entrando in una nuova era, quella dell’economia della conoscenza fondata sulla condivisione. L’uomo oggi realizza sistemi intelligenti sempre più sofisticati. È quello che vedremo in futuro nelle aziende, oppure c’è ancora bisogno di un uomo che sappia lavorare la terra e come il demiurgo platonico plasmare la materia con le mani per dare un nuovo volto alla realtà che ci circonda, sociale e imprenditoriale, che non può essere fatta solo di tecnologia e di programmi (App) per computer? Sì, c’è bisogno. Sapere lavorare con le mani è un’arte che sta scomparendo. Evitiamo che ciò accada e che appartenga al passato e, in futuro, se ne parli come un fatto realmente accaduto.

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