Perdonaci, Signore: abbiamo peccato
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Commento
Nella prima domenica di quaresima leggiamo il brano delle tentazioni di Gesù nel deserto, quest’anno nella versione di Matteo. Questo brano è costruito come un intreccio di rimandi biblici espliciti e impliciti, di citazioni e riferimenti ad avvenimenti biblici che è utile decifrare per capirne il significato. In particolare le risposte di Gesù sono tutte tratte dal libro del Deuteronomio, nel quale Mosè, sulla soglia della terra promessa, ricorda l’esperienza del popolo nel deserto. Per comprendere il testo di oggi è utile rileggere il versetto di Dt 8,2: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, Dio tuo, ti ha fatto percorrere in questi quaranta anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi». Gesù ora, come prima il popolo, vive il suo periodo nel deserto per essere messo alla prova e mostrare cosa ha nel cuore. Non ci deve meravigliare che sia proprio Dio a mettere alla prova (nel testo di oggi è lo Spirito che conduce Gesù nel deserto).
Nella bibbia mettere alla prova vuol dire conoscere nei fatti la realtà profonda di una persona, c’è dunque qualcosa di drammatico e di legato alla libertà: Gesù sarà all’altezza del suo compito? Se lo chiede Dio ma in fondo se lo chiede anche Gesù. L’esperienza del deserto, all’inizio del vangelo e prima della vita pubblica, è l’occasione per capire la qualità del cuore di Gesù e come affronterà la sua missione. La domanda alla quale il racconto risponde è che tipo di figlio e di Figlio di Dio sarà Gesù; il vero tema è il Figlio di Dio messo alla prova (due delle tre provocazioni iniziano con «se tu sei il Figlio di Dio»). Non dimentichiamo che anche il popolo di Israele nella Bibbia è chiamato figlio di Dio, in particolare in alcuni passi del Deuteronomio (Dt 1,31; 14,1; 32,5-6.12-20) e in altri scritti dell’Antico Testamento (Es 4,22-23; Os 11,1).
Tenendo presente questo sfondo biblico possiamo analizzare le singole tentazioni. Nella prima Gesù, che ha digiunato per quaranta giorni, ha fame e la tentazione consiste nell’assolutizzare il proprio bisogno materiale e nello sfruttare Dio per procurarsi dei beni. Gesù risponde citando Dt 8,3b, testo che fa riferimento al racconto della prima tentazione di Israele nel deserto, quando Dio donò la manna (Es 16). Il Figlio di Dio non vuole ridurre il Padre a un fornitore di beni ma è pronto ad ascoltare in ogni momento la sua Parola. Nella seconda tentazione Gesù è sfidato a verificare se davvero il Padre si prende cura di lui e della sua sicurezza. Si noti che anche il demonio cita la scrittura (il salmo 91) instaurando quasi una battaglia di citazioni. Gesù risponde con Dt 6,16, testo che fa riferimento all’episodio di Massa (Es 17) in cui Israele mette alla prova Dio chiedendo l’acqua. Gesù rifiuta di mettere in dubbio la benevolenza di Dio e mostra una fiducia indefettibile.
La terza tentazione vede il demonio proporre uno scambio tra adorazione e successo globale, dominio su tutti i regni della terra. Gesù risponde citando Dt 6,13 che fa riferimento all’episodio del vitello d’oro (Es 32). Adorare Dio solo vuol dire non avere altri idoli e in particolare non assolutizzare alcun potere umano. Gesù sarà re ma sulla croce, non dominerà nessuno ma anzi sarà al servizio di tutti. Alla fine il diavolo se ne va e Gesù risulta vittorioso in tutte le prove in cui Israele ha fallito. Gesù si sente Figlio di un Dio che non serve per avere cibo, sicurezza e successo, ma che dona ciò di cui l’uomo ha bisogno e che merita fiducia incondizionata. Il Figlio non sfrutta il Padre ma si fida e anzi impara da Lui una via fatta non di segni di potenza ma di amore e dono. Il deserto e la tentazione ci parlano della disponibilità a entrare in se stessi, sperimentando vuoti ed emergenze, e incontrando verità scomode e limiti. Correndo questo rischio si cresce e anche la nostra relazione con il Padre si purifica e diventiamo più simili al Figlio.
L’opera d’arte
Duccio di Buoninsegna, Gesù tentato dal diavolo sul monte (1308-11), New York, Frick Collection. Alla grande pala d’altare, la “Maestà”, dipinta da Duccio per il Duomo di Siena, apparteneva in origine questa celeberrima tavola. Il pittore si concentra su una tentazione, quella che avviene in cima ad un “monte altissimo”. Appunto in un paesaggio montuoso, su cui si ergono città con mura e torri merlate, si colloca la scena: Gesù è colto nell’atto di allontanare, con un gesto deciso, il diavolo, il quale, raffigurato come una creatura alata nera – in quanto angelo ribelle – si sta allontanando da lui.
Intanto due angeli, a destra, si avvicinano a Gesù per confortarlo e servirlo, come dice il Vangelo, al termine della terza ed ultima tentazione del diavolo. Da notare come le due figure principali siano nettamente fuori scala rispetto al paesaggio: la grandezza fisica di Cristo e di Satana esprime, nell’intenzione dell’artista, la drammaticità del loro scontro, da cui esce trionfatore Gesù. Egli, infatti, poggia i piedi saldamente sulla roccia, mentre il diavolo sembra camminare nel vuoto, instabile e sulla via del precipizio.
V.P.
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