Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 19 marzo 2023.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe»… Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. (…) Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «E’ un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Commento
Il racconto del cieco nato è un’elaborata narrazione, anche gustosa da leggere, che ha per tema l’identità di Gesù e il senso della sua missione. S’inserisce in una sezione del vangelo di Giovanni (i capitoli dal 7 all’11) che è ambientata durante la festa delle capanne, che comprendeva riti di acqua e di luce e dunque è la collocazione narrativa giusta per il miracolo del cieco e il discorso sul vedere. Nel racconto Gesù è presente solo nei primi versetti e alla fine, l’ampia parte centrale è tutta occupata dall’indagine su ciò che veramente è avvenuto e di conseguenza su cosa si possa dire di Gesù. L’inizio mostra delle caratteristiche peculiari rispetto agli altri miracoli.
Il cieco non fa niente e non chiede niente, ma è Gesù che prende l’iniziativa partendo da una domanda dei discepoli sulle cause della cecità dell’uomo. Tuttavia la questione su chi ha peccato per provocare la cecità è totalmente evitata da Gesù. A Gesù non importa identificare una causa del male e tanto meno cercarla nel peccato di qualcuno, ma vuole approfittare della situazione per mostrare il regno di Dio; nel linguaggio di Giovanni vuole dare un segno. Già quest’atteggiamento è un insegnamento per noi. I casi della vita possono sempre essere interpretati in profondità e diventare un’occasione per cercare il senso religioso degli avvenimenti, valorizzando ciò che la situazione può suggerire senza restare invischiati in questioni di causa ed effetto. Noi comprendiamo bene che il rifiuto di Gesù di considerare Dio una causa tra le altre in un mondo deterministico è il primo passo per riscoprire il luogo autentico della presenza di Dio nel mondo. Il miracolo avviene nei modi soliti, Gesù mette del fango sugli occhi e manda l’uomo a lavarsi alla piscina di Siloe.
Dopo il miracolo Gesù scompare dalla scena e iniziano i discorsi e le indagini sull’accaduto, prima tra i vicini poi con i farisei. Sentiamo la concitazione del momento, la confusione delle opinioni e assistiamo a un mondo piccolo descritto anche con ironia, che si dibatte nel suo non voler accettare il nuovo e nel rimanere attaccato a idee antiche. Impariamo che il cieco era anche mendicante, una condizione normale per i disabili dell’epoca, e che quindi viveva ai margini della società; il miracolo lo porta improvvisamente all’attenzione del mondo. Inoltre scopriamo che il miracolo è avvenuto di sabato e questo aggiunge un tono polemico al dibattito sull’accaduto. Nella loro incertezza nell’affrontare il caso i farisei si fanno ripetere tre volte gli avvenimenti e addirittura chiedono al cieco il suo parere su Gesù. Il cieco dapprima afferma che Gesù è un profeta, poi con sempre maggiore convinzione dice che solo chi viene da Dio può compiere un miracolo del genere. Egli, che ora ci vede, comincia a riflettere su ciò che gli è accaduto in modo spirituale.
Avviene in lui una trasformazione che lo porta verso una nuova forma di luce. Tuttavia proprio queste sue convinzioni provocano la sua cacciata, evento drammatico di chi viene di nuovo emarginato ma questa volta per la sua fede incipiente. Solo ora torna in campo Gesù per un secondo incontro che completerà la trasformazione di fede. È molto bello il particolare narrativo di Gesù che, avendo saputo della cacciata del cieco, pensa di incontrarlo di nuovo. Ancora una volta Gesù prende l’iniziativa di un incontro, mosso dalla compassione per un uomo emarginato e perché sa di poter fare ancora qualcosa per lui. Dopo aver donato la vista, ora vuole donare la luce della fede. In questo piccolo dialogo il cieco si apre alla fede nel Figlio dell’uomo, che diventa evidente nel gesto della prostrazione.
C’è dunque un modo nuovo di vedere che consiste nell’avere la luce della fede e che di conseguenza definisce una diversa forma di cecità. Alcuni uomini sono ciechi perché sono chiusi in un mondo di cause rigide in cui non c’è spazio per il dono che rinnova la vita; ciechi perché amareggiati dalla dura realtà delle cose e dallo sforzo vano di impadronirsi della vita. Altri uomini vedono perché dal fondo del loro limite hanno saputo aprirsi a un dono gratuito e hanno scoperto che la vita è uno spazio ampio e luminoso in cui incontrare il Padre e i fratelli.
L’opera d’arte
Guarigione del cieco nato (1080 ca.), Sant’Angelo in Formis, Capua. Nella chiesa abbaziale di Sant’Angelo in Formis è visibile un magnifico ciclo pittorico, risalente alla fine dell’XI secolo, con scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Fra queste ultime si trova l’episodio della guarigione del cieco nato ispirata al racconto dell’evangelista Giovanni, che leggiamo questa domenica. Il riquadro è suddiviso in due momenti senza soluzione di continuità.
Da una parte, Gesù con la mano destra tocca gli occhi del cieco, appoggiato ad un bastone: il Maestro tiene un rotolo nella mano sinistra – ad indicare che è la Parola di Dio fatta carne – e si protende verso il mendicante perché possa ricevere il dono della luce della verità divina. Dall’altra, il cieco è presentato da solo mentre si lava alla piscina di Siloe raffigurata come una vasca battesimale su cui scende l’acqua di una sorgente posta in alto. Lo stile tipicamente bizantino dell’anonimo pittore si amalgama con un primo, anche se modesto, tentativo di caratterizzazione delle figure, evidente nel rossore che colora le guance dei personaggi e nei contrasti cromatici delle vesti, con intensi azzurri, rossi e gialli.
V.P.