Le aziende del terzo millennio
“Lo sportello di Notizie”: Guido Zaccarelli, consulente d’azienda, e docente Unimore, interviene su questioni inerenti il vivere quotidiano
L’imprenditore nasce per fare impresa, e oggi fare l’imprenditore è un’impresa. Il suo lavoro consiste nel dare forma alle idee che nascono quando l’uomo raggiunge la purezza dell’anima – avrebbe detto Aristotele – innanzi ad una platea di persone animate dallo spirito di intraprendere un cammino orientato a realizzare qualcosa di concreto per il bene comune della società: la predisposizione naturale del saper fare in continuo divenire. L’azienda nasce al cospetto di “cose da farsi” per dare ordine alle idee e, in senso stretto, a quell’insieme di attività economiche che esigono di essere realizzate per raggiungere gli obiettivi valoriali e di profitto. Le persone lavorano nelle aziende seguendo la logica organizzativa grazie alla quale ogni singolo individuo ha ruoli definiti che devono essere svolti nel rispetto delle funzioni assegnate.
Nel tempo le aziende crescono, si evolvono per rispondere ai bisogni e desideri crescenti della società, e con esse la complessità che chiede sempre più attenzione per evitare l’entropia e scendere nelle zone d’ombra del caos difficile da governare. Innanzi a scenari che si evolvono anche il legislatore si è posto nella condizione di definire i confini territoriali di ogni singolo collaboratore a tutela sua e dell’azienda nell’esercizio delle attività assegnate e del bene comune in ambito sociale. In questo caso parliamo del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”) che negli ultimi anni sta assumendo un ruolo chiave, sempre più importante all’interno del mondo imprenditoriale. Un tema che esigeva di essere trattato per comprendere le motivazioni fondanti della legge e come questa si può inserire in contesti trasversali dell’imprenditoria attuale con lo sguardo rivolto al futuro. Ne parliamo con l’avvocato Guido Sola, penalista del Foro di Modena.
Cosa ha spinto il legislatore a varare il decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231?
Il decreto legislativo è stato adottato con l’intento di colpire la cosiddetta criminalità d’impresa. Si tratta, a ben guardare, di provvedimento legislativo che ha rivoluzionato il mondo del diritto penale. Prima d’esso, infatti, il principio era quello per il quale societas delinquere non potest: se, in ambito aziendale, in altre parole, veniva commesso un reato, dello stesso rispondevano solo le persone fisiche che l’avevano commesso. Oggi, se il reato è commesso nell’interesse ovvero a vantaggio della società, a risponderne è anche l’azienda sulla base di penetranti sanzioni di carattere sia interdittivo che pecuniario.
Che cos’è un modello organizzativo e gestionale?
Si tratta di un documento giuridico che consta di protocolli e di procedure, che dà all’imprenditore la possibilità di (ri)costruire in modo corretto la catena di comando, decidendo chi deve fare che cosa e come.
È obbligatorio adottarlo?
A livello legislativo, no; a livello giurisprudenziale, di fatto, sì. In caso di commissione di reati nell’interesse ovvero a vantaggio della società, non avere adottato un modello organizzativo e gestionale espone la stessa a penetranti sanzioni interdittive e pecuniarie. Inoltre, la giurisprudenza civile concorda da anni sul fatto che l’amministratore che, non avendo adottato un modello organizzativo e gestionale, abbia cagionato danno alla società, possa essere chiamato a risponderne in sede d’azione di responsabilità.
Perché, nel ragionare di modelli organizzativi e gestionali, s’è soliti parlare di “colpa in organizzazione”?
In caso di commissione di reati nell’interesse ovvero a vantaggio della società, è proprio a causa della “colpa in organizzazione” che l’azienda viene punita in sede penale da parte del giudice penale, in quanto proprio a causa del fatto di non aver adottato un modello organizzativo e gestionale è stato possibile commettere agevolmente reati in ambito aziendale.
E come mai si distingue tra patologia e fisiologia?
Lo strumento nasce nel 2001 per proteggere le aziende nel caso di commissione di reati – ovvero nell’ipotesi della patologia –. Nel tempo, però, ci s’è resi conto del fatto che lo strumento è validissimo anche e soprattutto nella fisiologia, ossia nella quotidiana operatività aziendale, anche a prescindere dalla commissione di reati, in quanto ripartendo compiti e responsabilità tra amministratori, dirigenti, quadri e dipendenti, permette a tutti di sapere precisamente che cosa fare e come, evitando con ciò sovrapposizioni e/o carenze a livello organizzativo interno.
Quali altri vantaggi sono correlati all’adozione, da parte d’un’azienda, di questo modello?
Gli ulteriori vantaggi sono molteplici e importanti. Si oscilla tra sgravi fiscali dal punto di vista contributivo a un miglior accesso al credito, passando attraverso il miglioramento del rating di legalità. Senza considerare che, già oggi, numerosi stakeholder, pubblici e privati, pretendono che, per poter contrattare, l’azienda abbia adottato un modello organizzativo e gestionale. Inoltre, l’aver adottato un modello organizzativo e gestionale è cosa che, incidendo in modo importante sull’immagine aziendale, ben può essere posta a base di campagne di comunicazione e marketing ad hoc. In conclusione, il presente vede il mondo delle imprese immerso nell’economia della conoscenza condivisa che alimenta il senso di appartenenza, che identifica il significato che le persone attribuiscono al desiderio di stare insieme. Definire compiti, ruoli e mansioni organizzative è fondamentale per l’adozione di comportamenti che guardano al bene comune e al benessere delle persone. È la presa cosciente di un nuovo innesto culturale, di una nuova consapevolezza, imprenditoriale e sociale che pensa al nostro e al futuro delle nuove generazioni.