Alleluia, Alleluia, Alleluia
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 9 aprile 2023.
Dal Vangelo secondo Matteo
Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. (…) L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Commento
Nella grande Veglia Pasquale sentiremo proclamare il vangelo dalla resurrezione nella versione di Matteo. All’alba del giorno di Pasqua le donne vanno al sepolcro. Sono Maria di Magdala e l’altra Maria, le stesse che sono ricordate nei pressi della croce e al momento della sepoltura. Le donne sono un importante elemento di continuità nel racconto degli ultimi eventi della vita di Gesù e dal punto di vista narrativo garantiscono che non ci sia interruzione nella testimonianza dei fatti, infatti sono presenti alla morte e sepoltura di Gesù, vedono il sepolcro vuoto e incontrano il risorto. Una volta giunte alla tomba eventi straordinari segnalano l’eccezionalità del momento: si scatena un terremoto e appare un angelo sfolgorante che toglie la pietra dal sepolcro. Tutto in realtà è già avvenuto, in questo momento si mostra solo lo spazio vuoto e dunque si segnala un’assenza, una mancanza che dovrà essere spiegata.
Le parole dell’angelo chiariscono la situazione o meglio danno il via a un annuncio che cambierà la storia. Il sepolcro vuoto è un segno muto che va interpretato e solo una rivelazione e una testimonianza lo possono fare. Non ci si convince razionalmente della resurrezione ma solo si può accogliere con fede un annuncio e una testimonianza che cambiano la vita. L’angelo rivela che Gesù è risorto, secondo quanto aveva detto, e manda le donne a portare la notizia ai discepoli e a dirgli che vadano in Galilea. Questo riferimento geografico non è privo di significato.
Gli eventi della passione e resurrezione di Gesù avvengono a Gerusalemme ma le sue apparizioni per Matteo sono in Galilea, terra nella quale era iniziata la predicazione di Gesù e la sequela dei discepoli. Da lì deve ripartire una nuova storia, una nuova forma di discepolato. Dalla Galilea nasce la Chiesa, la comunità nuova di coloro che vivono la buona novella del risorto. Le donne partono subito “con timore e gioia grande”: timore perché il divino si è manifestato con potenza e gioia perché questa è la tonalità emotiva fondamentale di chi ha incontrato il Signore risorto.
La gioia della resurrezione riempie il cuore dei cristiani ed è anche piena di coraggio e quasi di estasi, cioè di un senso di uscita da sé. Il cristiano può dimenticarsi di sé e andare per il mondo a costruire una civiltà di amore e riconciliazione, forte della compagnia di chi ha detto “io sono con voi, fino alla fine del mondo”. La corsa delle donne diventa la missione fondamentale della Chiesa che va ad annunciare il risorto.
Ma ecco che, lungo la strada, Gesù stesso appare alle donne. Le sue prime parole sono un classico saluto, che però si può tradurre letteralmente con “rallegratevi” (lo stesso che l’angelo Gabriele rivolge a Maria nell’annunciazione). Il risorto rafforza la gioia delle donne. Poi le manda dai discepoli, che qui chiama “miei fratelli” e le invita ad andare in Galilea, come aveva fatto l’angelo. La resurrezione di Gesù è sempre collegata a un andare, a un mandato. Non è vissuta come un punto di arrivo della storia, quasi un enorme lieto fine nel quale ci si può riposare. Invece è la messa in moto di una dinamica di vita, fatta di annuncio e di creatività. Credere nel risorto non è contemplare un’idea ma lasciare che la vittoria sulla morte contagi l’ordinarietà della nostra vita con la sua forza sanante e trasformante. La Chiesa oggi vive del risorto se investe questo prezioso talento senza tenerlo nascosto e non ha paura di porre segni che fanno crescere la vita anche dove sembra più difficile.