La “capacità” in ambito civile
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon.
In diverse questioni della vita, dove la bioetica viene chiamata in causa, anche il diritto si interseca a pieno titolo nel percorso della formulazione di una indicazione di orientamento per risolvere un caso clinico: bioetica e diritto devono essere presi entrambi in considerazione. Ambito in cui i due saperi si interfacciano è, per esempio, quello delle “capacità” in ambito civile. Quando si parla di capacità si intende la capacità giuridica (articolo 1 c.c.) e la capacità di agire (art. 2 c.c.). La prima si acquisisce al momento della nascita, infatti, tutti gli esseri umani che sono nati e sono vivi sono titolari di diritti e obblighi e, si perde, con la morte della persona. La capacità di agire è concessa a coloro che hanno raggiunto con l’età le facoltà intellettive e volitive idonee alla gestione di sé stessi e dei propri interessi. Questa capacità rende idonea la persona di disporre dei propri diritti e di compiere atti ed azioni valide con valore giuridico. In generale, un soggetto minorenne, pur possedendo la capacità giuridica ed essendo pertanto idoneo alla titolarità di un diritto, non può disporne ai sensi di legge, bensì, ne dispone il genitore o il tutore finché il minore non abbia raggiunto la maggiore età.
Esistono, però, particolari circostanze in cui un soggetto può acquisire capacità di esercitare diritti e compiere atti giuridici prima del compimento della maggiore età, attraverso la cosiddetta emancipazione: ad esempio la possibilità di volersi vaccinare o di voler prodi cedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Anche la capacità di agire, una volta acquisita, si mantiene fino alla morte a meno che non intervengano patologie di carattere neurologico o psichiatrico che vanno a limitare o ad abolire totalmente la capacità di agire; in questo caso il soggetto diventa una persona talmente fragile da dover essere tutelata con diversi istituti come l’interdizione giudiziale, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno. Questi tre istituti giuridici aboliscono, riducono e limitano la capacità di agire. Si comprende, quindi, come in ambito bioetico queste capacità dell’uomo, riconosciute e declinate dal diritto, siano da tener conto quando si fa una analisi bioetica riguardante i problemi della salute e dell’esistenza umana, soprattutto nel fine vita, riguardo a persone con malattie psichiatriche e nell’interruzione volontaria di gravidanza.