Pubblicato il

Ascende il Signore tra canti di gioia

Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 21 maggio 2023.

Ascende il Signore tra canti di gioia

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Commento

Riprendiamo questa domenica i racconti di apparizione con i versetti conclusivi del vangelo di Matteo. Lo leggiamo nel giorno dell’Ascensione, anche se qui si racconta non tanto di Gesù che sale al cielo ma di un’apparizione conclusiva, definitiva. I discepoli vanno in Galilea, dove Gesù aveva dato loro appuntamento e si riuniscono su un monte. È inutile cercare di identificare questa montagna che più che altro ha un valore simbolico, si aggiunge alle altre famose montagne su cui Gesù vive momenti chiave del suo ministero. Gli undici che si radunano sono chiamati discepoli; Matteo usa spesso questa parola che qualifica in maniera precisa quelli che seguono Gesù. Questo brano rappresenta in fondo la condizione del discepolo di ogni tempo, cioè del credente e della Chiesa che li raduna. I discepoli vedono Gesù risorto e si prostrano in segno di adorazione.

Però poi dubitano. Alcune traduzioni, per attenuare questo particolare imbarazzante, scrivono “alcuni però dubitavano”. La nostra traduzione invece è propensa a ritenere che tutti dubitassero, cioè che rimanesse nei discepoli una forma di dubbio anche di fronte al risorto. Non deve sembrarci strano. Infatti, nel vangelo di Matteo i discepoli sono spesso detti uomini di poca fede e anche in questa fase finale il discepolo continua a essere accompagnato dal rischio del dubbio. In realtà è la condizione di una fede debole che passa rapidamente dalla sicurezza al dubbio. Anzi proprio questo particolare ci riporta alla vita dei credenti di ogni tempo, che fanno della resurrezione il centro della loro speranza, ma vivono anche momenti di scoraggiamento. Il discepolato è la condizione del credente che comporta una continua evoluzione interiore e non finisce per aver appreso una dottrina. Anche quando viene mandato a evangelizzare il discepolo rimane tale, non diventa maestro. Il dubbio degli undici ci parla della nostra fede, forte e fragile nello stesso tempo, ma sempre preziosa.

Poi Gesù si avvicina e solennemente dice le sue ultime parole ai suoi amici. Si presenta come definitivamente vittorioso sulla morte e pieno di autorità in tutto il cosmo. A seguire, manda a fare discepoli tutti i popoli, non solo Israele. Troviamo qui la consapevolezza matura dell’universalità del messaggio di Gesù. Il mandato è di fare discepoli tutte le nazioni, dunque di introdurre nello stile del discepolato, non banalmente di fare della propaganda. Nell’essere discepoli, cioè nell’intraprendere il percorso della sequela con tutte le proprie fragilità, c’è salvezza. Questa rimane la missione della Chiesa di ogni tempo. Dobbiamo riscoprire la gioia di fare discepoli, o se si vuole dell’evangelizzazione. Questa è la gioia di vedere la Grazia di Dio farsi strada nella vita delle persone e introdurle in un cammino di speranza. Si diventa discepoli con il battesimo che qui è descritto con una formula trinitaria e non con la formula “nel nome di Gesù Cristo” (Atti 2,38) che troviamo negli Atti degli apostoli.

Il riferimento al battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ci parla non solo di un rito ma di una vera e propria immersione nella vita trinitaria come sostanza stessa del diventare cristiani. Immessi in questa realtà, vivranno il comandamento dell’amore di cui Gesù ha dato l’esempio. I discepoli e la Chiesa sono mandati a traghettare il mondo nell’amore di Dio, dunque a portare il più grande cambiamento pensabile. Le ultime parole di Gesù rassicurano sulla sua presenza. I discepoli non sono soli in questa loro missione, ma hanno Gesù che è sempre con loro. Il vangelo di Matteo era cominciato con l’annuncio dell’angelo a Giuseppe che il figlio di Maria si sarebbe chiamato “Emmanuele”, che significa “Dio con noi” (Mt 1,23) e termina con le rassicuranti parole di Gesù che rendono pienamente vero quel nome “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

L’opera d’arte

Giotto, Ascensione (1304-06), Padova, Cappella degli Scrovegni. Fra le Storie di Gesù dipinte da Giotto nella cappella fatta erigere da Enrico Scrovegni, ricco “prestatore di denaro” padovano, non poteva mancare l’Ascensione. Nel registro inferiore gli apostoli, caratterizzati uno per uno, sono inginocchiati in preghiera, suddivisi in due gruppi. Quello di sinistra è preceduto e guidato da Maria, avvolta in uno splendido manto azzurro. Ha il volto rapito da ciò che uno degli angeli le addita: Gesù, che ascende al cielo, su una nuvola – “fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9) -, tra due schiere di angeli; le sue mani quasi fuoriescono dallo spazio visivo.

Un particolare, quest’ultimo, che indica come la “destinazione” verso cui Cristo è assunto è lo spazio di Dio. “In Cristo asceso al cielo, l’essere umano – affermava Benedetto XVI nell’omelia della solennità dell’Ascensione nel 2009 – è entrato in modo inaudito e nuovo nell’intimità di Dio; l’uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. (…) L’essere dell’uomo in Dio, questo è il cielo. E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui”.

V.P.

Condividi sui Social