Intervista a Marco Cattaneo
Una storia di sport e amicizia è al centro del nuovo libro di Marco Cattaneo, “Never walk alone” (Rizzoli), celebre giornalista di DAZN e ospite di questo nuovo appuntamento di CulturalMente.
Si parla tanto di bullismo. Tu scrivi un libro rivolto ai ragazzi. Quanto lo sport può aiutare a sconfiggere il bullismo?
Tantissimo. È fondamentale. Credo molto nel valore dello sport, sia come insegnamento culturale, sia perché lo sport è la cosa più democratica del mondo. Non esiste il più simpatico o il più introverso, quello più benestante o quello con le scarpe rotte, quello che a scuola è un secchione o quello che a scuola va male. Una volta che si scende in campo e ci si trova un pallone davanti si è tutti uguali, si gioca, ci si diverte, si fa gruppo, vincendo insieme si impara a socializzare con gli altri, perdendo ci si consola a vicenda. Conoscere lo sport e le storie che ci sono dietro lo sport è tanto fondamentale quanto praticarlo proprio per questi motivi. Lo sport è socializzazione, inclusione, possibilità per tutti di poter giocare insieme agli altri.
Veniamo al tifo, a quello più violento. Il calcio, però, è anche qualcos’altro di molto più bello. Come si può arginare il problema del tifo violento? Puntando all’educazione dei ragazzi?
Sicuramente tutto questo si rifà al discorso che facevo prima. Noi abbiamo bisogno di raccontare storie anche per aumentare la cultura sportiva e l’unica strada è farlo fin da giovani. In “Never walk alone” si fa riferimento al fenomeno degli hooligans, però si esalta anche il tifo come passione genuina. Il tifo è quella cosa che ti fa battere il cuore, ti fa venire le farfalle nello stomaco e ti fa vivere grandi avventure con i tuoi amici e con i tuoi parenti per andare a seguire la tua squadra del cuore. C’è una minoranza che è rumorosa e significativa che è da escludere dallo sport per come lo intendiamo noi e, ti parlo da persona di comunicazione, da giornalista che si rivolge ai ragazzi e agli adulti in TV, noi abbiamo il compito di veicolare dei messaggi positivi, di stigmatizzare e condannare gli atteggiamenti violenti, ma non c’è ombra di dubbio che siano i genitori, la scuola e le istituzioni a trasmettere loro i valori più puri dello sport.
Il calciatore è un giocatore di squadra, ma, soprattutto ultimamente, si parla del singolo campione come Ronaldo o Messi. Il vero calciatore chi è? Quello che gioca con il giusto spirito di squadra o è il grande calciatore che fa la squadra?
Il grande calciatore fa la squadra tanto quanto la squadra fa il grande calciatore. Sono due piani secondo me da separare. I Ronaldo, i Messi, sono soprattutto aziende, è una sfera che riguarda meno il campo e più la loro vita social, le loro sponsorizzazioni, il loro sapersi rivendere in un mondo che cerca le grandi star del calcio come un tempo si cercavano le rockstar. In campo, però, il calciatore è uno degli undici. Poi è ovvio che ci sono i calciatori più forti, ma non esiste più il calciatore che gioca in una squadra e che si mette a disposizione sua e che fa vincere la squadra da solo. Soprattutto adesso che i principi di gioco sono sempre più complessi e le squadre sono sempre più organizzate succede sempre che vince la squadra, non il singolo calciatore.
Condividi sui Social