Diario missionario dal Madagascar /10
Nella rubrica “Diario missionario dal Madagascar” gli appunti di viaggio quotidiani inviati da don Antonio Dotti, direttore del Centro Missionario di Carpi, che in questi giorni accompagna il vescovo Erio Castellucci nella visita pastorale sull’“isola rossa”, insieme a Francesco Panigadi, direttore del Centro Missionario di Modena
Dopo la Messa alla Casa della Carità di Tongarivo
Foto Pagina Facebook Missio Modena
In questi giorni (26 giugno-7 luglio) il vescovo Erio Castellucci si trova in Madagascar per una visita pastorale accompagnato da don Antonio Dotti, direttore del Centro Missionario di Carpi, e Francesco Panigadi, direttore del Centro Missionario di Modena.
In questa rubrica pubblichiamo gli appunti di viaggio quotidiani inviati da don Antonio Dotti.
Si aggiungono, in questa ultima “puntata”, i commenti e le riflessioni di altri partecipanti al viaggio.
Giorno 10 e 11
E’ il giorno del ritorno, prima però un’ultima grazia dalla terra malgascia: conosciamo e condividiamo la celebrazione eucaristica degli ospiti della Casa della Carità con il padre gesuita Elio Sciuchetti, in servizio a Tanà dal 1963. Una vita dedicata ai fratelli e alle sorelle del Madagascar.
Qui ora ne approfitto per condividere i pensieri di questo pellegrinaggio speciale con qualche compagno o compagna di viaggio, che ringrazio per aver dedicato un minuto alla nostra rubrica.
Terra magica e tragica il Madagascar…sorprende per la sua bellezza sempre nuova, sempre oltre le attese, che ti riempie gli occhi e il cuore. Endemica la povertà, pura sopravvivenza…un mistero la luminosità di quei sorrisi, soprattutto dei bambini che ti circondano da ogni parte e sono felici di fare una foto con te. Colori forti, contrastanti, che ti raggiungono immediatamente e ti catturano.
E poi ho visto la perla preziosa…la sua luce splende nelle case della carità, dove c’è chi ha lasciato tutto per acquistarla e ora vive la gioia di quella scoperta.
Carla Barani
Fatico a riassumere questi dieci giorni di viaggio in Madagascar e sono ripetitiva. Alla partenza ci è stato consigliato di sospendere il giudizio sul popolo malgascio e ho raccolto tanti volti, tanti colori, sapori, odori, tante differenze, altrettante somiglianze, tanti incontri…
Sorpresi/e dal freddo esterno, abbiamo saggiato accoglienze sempre calorose, celebrazioni partecipate con canti corali, sorrisi contagiosi anche in mezzo a tanta povertà materiale.
Siamo stati/e aiutati/e per quanto possibile a incontrarci nella diversità di lingua e guidati/e nella lettura di molte cose viste.
È stato scoprire l’impegno di tanti/e malgasci/e per i propri fratelli e sorelle: vedere che stanno portando avanti, con gli aiuti dall’esterno sì ma in prima persona, quanto di bello è stato costruito insieme e che il duro colpo dell’incidente di fine dicembre sembrava poter annullare. Ed è stato conoscere un po’ meglio persone delle nostre parti che hanno deciso di condividere tempo ed energie con questa gente.
Ho fatto il pieno di voci e sguardi di decine e decine di bimbetti e bimbette incrociati ovunque…
E ora è rientrare a casa arricchiti di tutto questo e col suggerimento di scrollarsi di dosso le polemiche quotidiane, aprire bene gli occhi per vedere quello che abbiamo e, magari, ricordarsi di non sprecare luce e acqua che sappiamo ancor di più non essere così scontate…
È stato un ennesimo regalo e grazie a chi ha organizzato e a tutto il gruppo, ognuna/o per averci messo del proprio bello.
Alessandra Gibertini
L’Africa non può non sensibilizzare, farti cambiare pensiero, scaldarti il cuore e aprirti la mente, se non lo fai i motivi sono due: o sei troppo stupido o hai un cuore di pietra e non so quale sia la cosa peggiore.
Credo che dentro ognuno di noi ci sia una piantina che germoglia solo se alimentata, la vita europea incentrata sul capitalismo che sacrifica tutto il resto per il dio denaro soffoca questa piantina che invece qui in Africa affonda radici forti e concrete insieme a foglie verdi simbolo di passione e volontà di donarsi agli altri.
Alex Ternali
Un viaggio dall’altra parte dell’emisfero per incontrare e condividere la quotidianità con chi ogni giorno lotta per vivere.
Un’esperienza che apre i nostri occhi a una realtà che troppo spesso non viene raccontata ma nascosta.
Come cittadini del mondo siamo portati a scardinare i nostri limiti, i nostri pregiudizi, a uscire dalla nostra comfort zone per metterci in gioco.
Non possiamo più far finta di essere soli su questa terra.
Giorgia Baroni
Visitare la missione è l’occasione per convertire lo sguardo. Il Regno dei cieli raccontato da Gesù brilla sotto i nostri occhi, quando cadono gli schermi che – in Italia – ce lo rendono più difficile da vedere (quando non invisibile). Lontano da ogni discorso teorico sulla fede, nell’ospedale di Ampasimanjeva, se ti lasci sorprendere dallo Spirito, potrebbe capitarti di trovarti, nemmeno tu sai come, immerso nel Regno dei cieli. La sfida è recuperare quegli ingredienti anche in Italia, lasciandoci ammaestrare dalla missione. È il momento che noi italiani accettiamo di metterci alla scuola di posti come il Madagascar, se vogliamo imparare un linguaggio e un annuncio capaci di dissetare i nostri contemporanei.
Pietro Barani
“Il posto in cui c’è la famiglia, non è mai troppo lontano”, dice pressappoco così un proverbio malgascio. Ed è con questo proverbio che ci hanno accolto quando siamo arrivati in Madagascar, mentre noi pensavamo a quanti chilometri avevamo percorso e a quanto fosse lontana casa nostra. In questo viaggio ci ha colpito soprattutto la strada, non solo per le tante ore di viaggio, ma anche perché è il luogo in cui questa gente vive la propria quotidianità.
Tornando in Madagascar dopo tanti anni ritroviamo la stessa calorosa accoglienza, quella di chi fa di tutto per farti sentire a casa, per non farti mancare nulla, anche se questo vuol dire lavorare il doppio.
Abbiamo ritrovato anche tanti ricordi di volti, di amici, di vicende che si sono intrecciati con nuovi incontri e nuove esperienze.
Abbiamo ritrovato la natura prorompente di sempre, le strade dissestate, ma brulicanti di vita e di bambini, l’impegno di tanti, malgasci e non, che hanno scelto di percorrere insieme e qui questo tratto di storia.
Grazie a chi ci ha accolto, ai compagni di viaggio con cui è stato bello condividere questa esperienza e grazie a chi, da casa, ci ha permesso di essere qui.
Lara e Francesco Panigadi
Ho terra rossa appiccicata ovunque, nelle scarpe, sul borsello, attorno ai pantaloni. Ma soprattutto l’ho appiccicata al cuore. Il popolo che abbiamo conosciuto non lo dimenticherò, perché da loro ho ricevuto l’esempio del sorriso dei bambini scalzi, la tenacia del lavoro quotidiano e del desiderio di un futuro migliore, i colori del mercato, la spiritualità della comunione coi vivi e coi defunti, la gioia del servizio delle volontarie e dei volontari, le grida per partecipare alla liturgia degli ospiti delle case.
Don Antonio Dotti
In partenza all’aeroporto di Antananarivo