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Quanto amo la tua legge, Signore!

Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 30 luglio 2023.

Quanto amo la tua legge, Signore!

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Commento

Il vangelo di questa domenica conclude il discorso in parabole con un testo che ne contiene quattro. Le prime due sono molto famose e stimolanti: il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto e ad una perla di grandissimo valore. Parlare di un tesoro nascosto non ci deve sembrare strano quasi si riferisse ad una favola; infatti, ai tempi di Gesù non era raro che per proteggere dei beni li si andasse a seppellire in un campo. Chi trovava dei beni nel suo campo era automaticamente proprietario di ciò che aveva trovato. Ecco perché chi ha trovato il tesoro investe tutto quello che ha nell’acquisto del campo. La seconda parabola è simile alla prima ma con alcune sfumature diverse. Il mercante di perle lo fa di mestiere, cerca abitualmente belle perle per commerciarle e si imbatte in un esemplare straordinario.

Dunque, il regno dei cieli è una realtà, o se vogliamo una esperienza, di grandissimo valore, che si può incontrare per caso (il tesoro) o dopo una lunga ricerca consapevole (la perla) ma che sempre sorprende per la sua bellezza, superiore alle aspettative. Per esso vale la pena riorganizzare la vita e metterlo al primo posto tra le priorità. La gioia è la tonalità emotiva che guida la reazione alla scoperta e motiva la trasformazione della vita. In queste due parabole emerge la positività dell’incontro col regno e la gioia dell’incontro. Può essere utile anche per noi riscoprire la gioia come esperienza forte del discernimento cristiano, Sant’Ignazio di Loyola indicava la consolazione come uno dei punti chiave per capire la volontà di Dio. Forse possiamo reagire ad una certa tradizione anche culturale che identifica la profondità dell’uomo con una pensosità tragica e un po’ depressiva. La nostra gioia ci indica la strada giusta probabilmente più della nostra tristezza.

A queste parabole segue la terza che paragona il regno ad una rete da pesca che cattura e porta con sé pesci buoni e cattivi. Questa parabola è simile a quella della zizzania e ci dice che la nuova comunità del regno non è una comunità di perfetti ma ha in sé limiti e peccati. La distinzione tra pesci buoni e cattivi è chiara ma la separazione avverrà alla fine dei tempi. La chiesa vive questa ambiguità e in qualche modo questa situazione è più sana di un desiderio di realizzare una comunità di perfetti.

La quarta parabola, al termine del discorso, parla ancora di un tesoro, dal quale si devono estrarre cose nuove e cose antiche. Il cristiano ha un tesoro che in qualche modo è vivo e accompagna i credenti nel tempo. In questo tesoro ci sono cose nuove che uno non immaginava e servono per il momento presente, assieme a grandi valori riconosciuti da tempo. In queste parabole emerge una immagine di grande vitalità del regno di Dio, che muove gli uomini a fare scelte responsabili, guidati da valori e dalla bellezza della scoperta. La comunità del regno è formata da persone che si impegnano, che hanno una responsabilità, ma che anche sanno di essere nella storia con la loro fallibilità. Questa comunità scopre in sé sempre nuove energie ed entusiasmo che scaturiscono dal suo tesoro.

Quanto sono belle queste parabole per la chiesa del terzo millennio, un po’ stanca e un po’ acciaccata. Ci parlano di una comunità che sa cercare il regno, che sa sorprendersi di trovarlo dove non immaginava, che è mossa dalla gioia pur nelle sue riconosciute difficoltà e scopre risorse di senso nuove e vitali per l’oggi, da donare a sé e al mondo.

L’opera d’arte

Beato Angelico, Giudizio universale, part. (1431 circa), Firenze, Museo di San Marco. “Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni” dice Gesù nel Vangelo di questa domenica. Al tema del Giudizio universale è dedicata una celebre opera di Beato Angelico, dalla forma inconsueta: una tavola rettangolare con tre lobi, commissionata per decorare lo schienale della sedia del sacerdote che presiedeva le funzioni nella chiesa del convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze, oggi non più esistente.

In questo particolare del dipinto, vediamo una idilliaca rappresentazione del Paradiso: in un magnifico giardino, da una parte i beati alzano le mani verso il Cristo giudice, dall’altra danzano in un gioioso girotondo con un gruppo di angeli dalle figure eleganti. Sullo sfondo si vede la porta del Paradiso, dove due beati sono accolti dalla Grazia divina, simboleggiata dai raggi di luce. I risorti – non solo i beati ma anche, per giustapposizione, i dannati – sono raffigurati con abiti e paramenti che li caratterizzano uno per uno, ad indicare come nell’ultimo giorno ciascuno risorgerà con la sua specifica individualità di corpo e anima.

V.P.

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