Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 3 settembre 2023.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Commento
Il vangelo di questa domenica ci presenta Gesù che annuncia gli avvenimenti della sua passione a Gerusalemme e rivela anche la sua resurrezione il terzo giorno. Ripeterà lo stesso annuncio con parole simili altre due volte in Mt 17,22-23 e Mt 20,17-19. Gesù si rendeva conto che la sua attività di predicatore era sempre più osteggiata dalle autorità e dunque si aspettava una reazione che avrebbe potuto avere anche un carattere violento. Con il suo annuncio vuole preparare gli apostoli ad affrontare tempi diffi cili e anche a immaginare un esito positivo di tutta la vicenda, che consiste nella resurrezione il terzo giorno. A questo proposito possiamo pensare che Gesù avesse una chiara conoscenza del futuro che lo attendeva ma si può anche leggere il riferimento alla resurrezione come una citazione di Osea che in un passo del suo libro afferma: «dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza» (Os 6,2).
In fondo le due alternative non sono in opposizione in quanto Gesù amava interpretare la sua storia come compimento delle profezie. In ogni caso Gesù dimostra di abbracciare il suo futuro e la sofferenza che lo aspetta con libertà e decisione. Invece gli apostoli non comprendono il tenore delle sue parole, soprattutto non capiscono che gli eventi di cui parla, pur drammatici, sono portatori di salvezza. Tanto meno notano l’accenno alla resurrezione ma molto umanamente sono colpiti soprattutto dagli eventi dolorosi. Pietro prende in disparte Gesù quasi per fargli un discorso privato, per non coinvolgere gli altri e si oppone risolutamente a una sequenza di eventi del genere. Gesù è molto duro con Pietro, addirittura lo chiama Satana come aveva fatto con il demonio al momento delle tentazioni nel deserto in Mt 4,10. Davvero è anche per Gesù una tentazione quella di evitare una via dolorosa e si vedrà anche nell’orto degli ulivi. Ma soffermiamoci sulle parole rivolte a Pietro: «perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Pensare secondo gli uomini vuol dire riuscire solo a immaginare una via facile e fatta di successi mentre pensare secondo Dio è anche saper percorrere strade difficili, saper vedere un senso che passa attraverso la dedizione di un amore totale. Pensare secondo Dio richiede cuore e coraggio. Poiché i discepoli sembrano non comprendere questa prospettiva Gesù comincia a insegnare il modo giusto di affrontare la situazione. Lo fa con parole che abbiamo già incontrato nel vangelo di Matteo e che qui insistono sul fatto che chi vuole seguire Gesù deve essere disposto ad affrontare difficoltà e sofferenze come a fatto lui. Si tratta di un insegnamento di tipo sapienziale che riguarda prima di tutto i discepoli ma che posiamo applicare alla vita di ogni credente.
La vita di cui parla Gesù non è l’esistenza fisica o la capacità di godere delle cose ma è il nucleo della profondità e interiorità dell’uomo. Se si perde questo centro, si perde ogni cosa ed è vera la dinamica paradossale per cui rinnegare se stessi ci fa guadagnare la vita, ci mantiene centrati nell’interiorità. Non dobbiamo pensare che Gesù faccia l’elogio della sofferenza, al contrario i miracoli mostrano che ha sempre desiderato che ogni uomo fosse sano e felice. Invece ci indica la strada severa del prendere le distanze da se stessi per poi scoprire di ritrovarsi completamente in Lui. In questo ideale non c’è solo la difficolta di un percorso arduo ma anche la sublime leggerezza di chi non si prende troppo sul serio e trova un saggio equilibrio nell’approccio alla vita. Come la vita di tanti santi dimostra, abbandonarsi al Signore dona anche serenità e buon umore.
L’opera d’arte
Annibale Carracci, Domine, quo vadis? (1601), Londra, National Gallery. “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ci piace suggerire, attraverso l’arte, un collegamento tra le parole di Gesù, ovvero l’annuncio ai discepoli della sua passione, morte e risurrezione e il dialogo con Pietro, e il celebre episodio del “Domine, quo vadis?”. Secondo la tradizione, all’apostolo, in fuga da Roma per scampare alla persecuzione di Nerone, sarebbe apparso sulla via Appia Cristo con la croce. Alla domanda di Pietro: “Signore, dove vai?”, Gesù avrebbe risposto: “A Roma, per essere di nuovo crocifisso”.
L’apostolo tornò allora indietro ed affrontò il martirio. Un episodio interpretato in maniera “monumentale” dal bolognese Annibale Carracci, trasferitosi alla fine del ‘500 proprio a Roma. Il pittore si ispira a modelli classici, in particolare nella figura scultorea di Cristo e nelle architetture, enfatizzando il contrasto tra l’atteggiamento smarrito di Pietro e quello deciso e di Gesù. Quest’ultimo è il fulcro dello spazio che il Carracci riesce a rendere in profondità – si noti lo scorcio della croce la cui estremità inferiore sembra fuoriuscire dal quadro – con grande maestria.
V.P.