Cancellare
In punta di spillo
Pubblicato il Settembre 13, 2023

Cancellare il passato è la cosa più rischiosa anche per noi cristiani

In Punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani.

 

Gli americani, dove il fenomeno è stato analizzato da tempo, la chiamano Cancel Culture. Tradotto letteralmente, è la cancellazione della cultura passata o, se volete, della memoria. Fenomeno diffuso ed anche pericoloso, soprattutto quando gli ignoranti e gli stupidi, che circolano in buona percentuale, prendono il potere. Sto pensando a quello che sta accadendo in Afghanistan dove un gruppo di barbuti caprai (o caproni?) ha cancellato vent’anni di faticose conquiste sociali, per ripartire, riscrivendo la storia, pensata a loro immagine e somiglianza. Oppure potremmo pensare a quanto fatto dall’Isis, quando ha tentato di cancellare tutte le tracce di opere non riconducibili all’Islam. Penso ai Budda di Bamiyan, testimonianza dell’incontro tra la cultura greca e buddista, o anche alla splendida città di Palmira, in Siria e senza contare le chiese cristiane.

Ma sempre per parlare di cancellazione della memoria, basterebbe pensare a cosa ha fatto Mao con la rivoluzione, o Pol Pot, suo vicino di Cambogia, negli anni ’90, quando fece torturare e massacrare più di due milioni di suoi concittadini. Per essere condannati a morte, senza processo, bastava avere gli occhiali, perché si presupponeva che chi li indossava sapesse anche leggere. E nessuno doveva restare in vita tra coloro che avrebbero potuto, attraverso letture o altro, conoscere il passato e la sua cultura. Che la Cancel Culture sia arrivata anche tra noi è abbastanza evidente. Meno cruenta ovviamente. Penso alla stupidità di chi vuole rimuovere Dante, Manzoni e la storia in generale. Penso alla stupidità di chi se la prende con le statue, che andrebbero rimosse e demolite, perché simbolo di una cultura incompatibile con il nostro sentire contemporaneo. E allora via Cristoforo Colombo e via anche Cadorna, via Garibaldi e anche Cesare Battisti, via Montanelli e via il Papa, quale?, fate voi uno a caso.

Quando penso a questo fenomeno mi viene spontaneo ricondurlo a una forma di infantilismo diffuso. Parlo di infantilismo perché non so se avete notato che è un atteggiamento tipico dei bambini quando hanno davanti dei fogli per disegnare. Fanno uno scarabocchio e subito vogliono la pagina bianca per farne un altro, in un bisogno incalzante di novità. Oggi l’infantilismo della Cancel Culture sembra accanirsi soprattutto in ambito esistenziale ed etico, come se le regole di vita, tramandate dal passato, dovessero essere cancellate perché inadeguate a interpretare il presente. Siamo al tentativo di far sparire il diritto naturale, quello che gli esperti chiamano giusnaturalismo, ossia quel “complesso di norme non scritte, considerate universali e necessarie, preesistenti e non sempre coincidenti col diritto positivo dei singoli Stati, norme che fanno parte del patrimonio etico-razionale-religioso di ogni individuo e comunità”.

Un ribaltamento del sistema di valori riguardante tutti gli ambiti della vita, dal nascere al morire, passando dalla famiglia, dall’identità sessuale, procreazione e tanto altro… Una cancellazione della memoria, che crea disagio nella gente, a cominciare dai cristiani, che si sentono impotenti a dare una svolta a questa deriva. E allora fa gioco appoggiarsi alle teorie di qualche generale, come se fosse quello il nuovo vangelo che può darci una mano. Ma questo non è segno di una rassegnazione, che di cristiano ha ben poco? Come dire che, di nostro e con la nostra fede, ci sentiamo inutili e impotenti?

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