Abiterò per sempre nella casa del Signore
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze! Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale? Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Commento
Il vangelo di questa domenica ci presenta un’altra famosa parabola sul regno dei cieli. Un re organizza un banchetto di nozze per il figlio e gli invitati all’ultimo momento non vengono. A ben vedere il racconto presenta alcune stranezze e toni eccessivi che orientano verso una lettura allegorica. Il testo è probabilmente l’unione di due diverse parabole, quella del banchetto di nozze e quella dell’abito nuziale, che sono collegate tra di loro dal tema delle nozze. Proviamo a decifrare i vari elementi della parabola. Negli scritti del cristianesimo degli inizi e dell’ebraismo coevo il regno di Dio era spesso paragonato a un banchetto e la pratica di Gesù di prendere pasti con pubblicani e peccatori, assieme al ricordo dell’ultima cena, deve aver rafforzato questo simbolo. Sullo sfondo troviamo forse anche il testo del libro dei Proverbi in cui la Sapienza invita tutti gli uomini a partecipare al suo banchetto (Pr 9,1-5). Il banchetto dunque è la relazione definitiva di Dio con il suo popolo instaurata in Gesù. I primi servi mandati sono i profeti (come nella parabola dei vignaioli omicidi); il secondo invito è quello fatto dai discepoli di Gesù. Tutti i commentatori sono d’accordo nel ritenere che la reazione del re, che fa mettere a ferro e fuoco la città, richiama la distruzione di Gerusalemme avvenuta ad opera dei Romani nel 70 d.C. (il vangelo di Matteo è stato scritto dopo il 70). Dunque quell’evento storico viene interpretato come una punizione per non aver accettato l’annuncio di Gesù.
Infine l’ultimo invito, quello che riempie la sala, è quello rivolto ai poveri, ai peccatori e più in generale a tutti i popoli. La notazione «cattivi e buoni» vuole specificare che tra i chiamati ci sono anche dei peccatori e in parte anticipa la seconda parte della parabola. Questa prima parte del racconto è in sostanza una lettura della storia della salvezza dal punto di vista cristiano. Gli ultimi versetti sono una seconda parabola, che manca totalmente nel brano parallelo di Luca (Lc 14,16-24), e che Matteo inserisce per introdurre un tema che gli sta a cuore. Il re fa una specie d’ispezione nella sala degli invitati e vede uno di loro senza la veste tipica dei matrimoni. La sua reazione è tremenda e apparentemente eccessiva. La veste nella bibbia sta sempre a rappresentare una qualità interiore e in questo caso significa una vera conversione con anche un contenuto etico e morale. Questa seconda parabola vuole soffermarsi sul fatto che non basta essere ammessi al regno, bisogna anche maturare un cambiamento di vita che si manifesta nelle opere. Il vangelo di oggi ci fa riflettere sui motivi che portano gli uomini a rifiutare il rapporto con Dio, che pure, attraverso l’immagine del banchetto, è rappresentato come qualcosa di molto desiderabile.
Il testo accenna ad alcuni che andarono al proprio campo e si dedicarono ai propri affari, quasi che il coinvolgimento nelle cose della vita fosse preferibile al banchetto della festa. Forse anche oggi molti uomini vivono una sorta di fascinazione per il mondo che li porta a sentire l’invito di Dio come qualcosa che li allontana dalla realtà. All’opposto ci sono quelli che partecipano, ma senza abito, cioè hanno una fede che non genera un’energia etica di trasformazione della propria vita e del reale. Qui la fascinazione per il mondo reale è forse troppo poca, e la religione alienante. In fondo la partecipazione al banchetto è strettamente legata a come si vive fuori dal banchetto. La festa ha molto a che fare con ciò che festa non è. Il banchetto della Sapienza, di Gesù, non toglie dal mondo ma ci chiede di entrarci pienamente con lo spirito giusto.
L’opera d’arte
Pieter Brueghel il Vecchio, Banchetto nuziale (1567 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum. Uno dei più grandi pittori fiamminghi del Cinquecento e il più anziano di una dinastia di artisti, Pieter Bruegel detto il Vecchio ha vissuto gli scontri sanguinosi tra cattolici e protestanti che hanno segnato il suo tempo. Tema principale della sua poetica la riflessione sulla condizione umana, ritratta nel quotidiano, con una vena spesso grottesca. Punto di riferimento di Bruegel è la Bibbia, che ispira molte delle sue opere di soggetto profano.
Come il Banchetto nuziale, una sintesi di suggestioni derivate dalle parabole e dagli episodi evangelici che hanno al centro un banchetto, in particolare le nozze di Cana, la parabola del ricco epulone e quella del pranzo regale che leggiamo questa domenica. In una composizione brulicante di personaggi tipica dello stile di Bruegel – la sposa è la giovane coronata al centro con il telo verde alle spalle, e lo sposo, a sinistra, sta versando birra nei boccali. Ci sono i musicanti con le zampogne. Tanti coloro che premono alla porta per entrare, mentre i numerosi commensali gustano il pasto, semplici contadini vestiti con l’abito della festa.
V.P.