Esercizi in cammino
I Seminaristi dell’Emilia-Romagna in Turchia sulle tracce dei primi cristiani
di Marco Andreotti
«Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani» (At 11, 26). Questo versetto contiene in sintesi il significato più profondo dell’esperienza raccontata brevemente in queste righe. Se è vero che Gerusalemme è la Chiesa madre, è anche vero, però, che Antiochia è la città dove è nato il Cristianesimo come lo conosciamo ancora oggi, aperto a tutti, plurale, in dialogo con le culture e impegnato nella missione. Tutto questo è iniziato qui, nel territorio dell’attuale Turchia: una geografia ampia, dove sono stati celebrati i primi otto concili ecumenici e dove sono nati i tre filoni principali della fede cristiana: la tradizione che si svilupperà in Occidente, quella ortodossa-bizantina e quella siriaca. Ad Antiochia è avvenuta la conversione dei primi cristiani non ebrei, Barnaba fu inviato da Gerusalemme e da Tarso portò qui Paolo. Da Seleucia (Samandağ) partirono insieme per un primo viaggio apostolico alla volta di Cipro, giungendo in diverse città dell’Asia Minore per fare poi ritorno ad Antiochia e proseguire la missione (At 13).
La Scrittura e la storia ci consegnano chiaramente le motivazioni più autentiche per visitare la Turchia ed è che i seminaristi e i formatori di Modena- Carpi, Reggio Emilia, Parma e del seminario regionale di Bologna hanno colto. Dall’11 al 23 settembre siamo stati impegnati in questo viaggio che ci ha portati da Iskenderun fino a Nusaybin, attraverso l’Anatolia sud orientale e la Mesopotamia, ai confini con la Siria. Non è stato “solo” un pellegrinaggio, sono stati i nostri esercizi spirituali itineranti, guidati da mons. Paolo Bizzeti, gesuita e vicario apostolico dell’Anatolia, che ci ha accompagnati, con meditazioni e momenti di silenzio, attraverso città, chiese e monasteri. Padre Paolo ha ricordato come una modalità di esercizi “in cammino” possa talvolta prepararci meglio alla vita complessa di tutti i giorni, allenandoci appunto alla meditazione più incisiva della Parola anche fuori da un’oasi di silenzio. Questo non sconfessa la bontà degli esercizi tradizionali, ma tutto ciò che abbiamo visto e ascoltato in questi giorni non è mai stato una distrazione: Dio parla attraverso i luoghi, i paesaggi, i millenni di storia stratificati nelle città, le persone, i volti, le storie di famiglie e comunità e le contraddizioni delle mille sfaccettature che la Turchia presenta.
Libertà di culto ma non di piena espressione religiosa; una presenza cristiana minima: 0,1% della popolazione, del quale uno 0,015 % di cattolici; un territorio enorme: 440000 km2 solo il Vicariato apostolico dell’Anatolia. Una diocesi priva di personalità giuridica civile, con tutte le difficoltà che ciò comporta, ma impegnata in un’intensa attività, soprattutto attraverso Caritas Anatolia, di sostegno a migliaia di famiglie colpite dal sisma del febbraio scorso. Antiochia si presenta oggi come una distesa di interi quartieri crollati sostituiti da precarie tendopoli e a Iskenderun è crollata la piccola cattedrale, ma insieme alla tragedia delle vite spezzate, ci sono le pietre vive: turchi, stranieri e rifugiati desiderosi di ridare speranza al proprio paese.
Abbiamo proseguito il viaggio verso est, raggiungendo Gaziantep (Zeugma). Dopo aver attraversato l’Eufrate e visitato Şanlıurfa (Edessa, città abitata ininterrottamente da undicimila anni), siamo passati alla cittadella di Harran, da cui è partita l’avventura di Abramo e Sara. La seconda parte del pellegrinaggio è stata dedicata alla visita di diversi monasteri di tradizione siro-ortodossa, alcuni risalenti al IV secolo e ancora attivi, disseminati nelle province di Mardin, Midyat e Nusaybin. Ci siamo confrontati davvero il terzo “polmone” della cristianità, la tradizione siriaca, ricca di un patrimonio architettonico, liturgico, linguistico letterario e spirituale di inestimabile valore, custodito da monaci, piccole comunità parrocchiali e villaggi che, nonostante secoli di persecuzione, offrono ancora oggi una testimonianza straordinaria.