Super batteri contro l’inquinamento
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon.
Il termine “ingegneria genetica” indica l’insieme delle tecniche che servono per trasferire nella cellula di un essere vivente o in un microrganismo alcune informazioni genetiche che altrimenti non possederebbe. È possibile ingegnerizzare organismi e microrganismi con gli intenti più disparati: commerciali, terapeutici etc.
In questo periodo, dagli USA, una scoperta rivoluzionaria: batteri modificati geneticamente per salvaguardare l’ambiente. La notizia apparsa su Nature Communications riporta l’ingegnerizzazione di batteri per riciclare i rifiuti: una tecnica ancora complessa e impegnativa ma che ha dimostrato la sua efficacia nella lotta all’inquinamento da plastica. I super-batteri, appartenenti a ceppi diversi, lavorando insieme, sono riusciti a convertire le sostanze che si formano dalla degradazione della plastica, l’acido tereftalico e il glicole etilenico, in due composti che possono essere riutilizzati per produrre una plastica, il poliuretano, usato negli isolanti, nelle schiume, nei rivestimenti e negli adesivi, e acido adipico, usato invece per il nylon.
Certamente queste scoperte sono estremamente importanti per aiutare l’uomo a sopravvivere, in questo caso, in un ambiente sostenibile e abitabile. È evidente che, dal punto di vista etico, non solo è importante il come si utilizza il prodotto ingegnerizzato ma anche il grado di sicurezza che questi organismi devono garantire, altrimenti, si potrebbe correre il rischio di fabbricare delle armi che nuocerebbero a noi stessi umani.
Chiaramente, questi rischi, diventano ancora più sensibili quando si applica l’ingegneria genetica su microrganismi a scopo terapeutico: per questo è di fondamentale importanza produrre batteri ingegnerizzati che abbiano un altissimo score di sicurezza. Purtroppo, molto spesso, a guidare questo tipo di ricerche, non sono solo obiettivi a favore dell’uomo che vive su questo pianeta ma anche i guadagni a favore di pochissimi uomini che vivono sullo stesso pianeta degli altri. L’augurio è che la ricerca continui ad usare queste tecniche sorprendenti sempre e solo a favore dell’uomo, come primo obiettivo, anche se, non si può pretendere che sia l’unico.