Speranza o conflitto?
Spunti di riflessione su “incontro e scontro tra le religioni”
di Brunetta Salvarani, direttrice Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso
“Incontro e scontro tra le religioni: speranza o conflitto?”. Questo il tema della serata svoltasi lo scorso 30 ottobre in Sala Duomo a Carpi nell’ambito del modulo del Laboratorio Teologico Realino dal titolo “La realtà è superiore all’idea. Fecondità dell’incontro tra fede e contemporaneità”. Sono intervenute Brunetta Salvarani, direttrice Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, e suor Maria Angela Bertelli, missionaria saveriana. Di seguito, alcune riflessioni suscitate dall’incontro.
Se è vero che spesso le religioni sono state strumentalizzate da interessi politici, economici, etnici, perché, ci si chiede, si sono dimostrate così deboli da subire questi colpi? Oppure è capitato che, sin dall’inizio, per esempio del cristianesimo, abbiamo assistito ad uno scontro con il paganesimo, con l’ebraismo fino ad arrivare all’insegnamento del disprezzo e del pregiudizio. Moltissimi sono stati gli episodi cruenti di contese, lotte e divisioni. Lo scisma con la Chiesa d’Oriente (1054), le Crociate (dal 1095), le guerre di religione dopo la Riforma di Lutero (1517) culminate nella Guerra dei Trent’anni (1618-1648), etc. in cui spesso le religioni hanno seguito la logica del mondo. Bisogna, però, ricordare che il 12 marzo 2000, durante il Giubileo, Giovanni Paolo II nella “Giornata del Perdono e della Riconciliazione” chiese, appunto, perdono per gli errori commessi, non ultima la condanna di Galileo. E allora, a quali voci di speranza, nel segno dell’incontro e del dialogo, si può fare riferimento? Il Movimento Ecumenico, per esempio, che negli anni ‘80 del secolo scorso, in maniera nascosta, si è adoperato per risolvere il conflitto cattolico-protestante tra Irlanda del Nord e Regno Unito.
Se con la Caduta del Muro (1989) ci si era illusi che la democrazia avrebbe prevalso, ci sarebbe stata una convivenza pacifica, un mondo più prospero e sereno con l’abbattimento delle frontiere, l’unificazione dei mercati, lo sviluppo delle comunicazioni… questo non è avvenuto e, anzi, la globalizzazione, anche intesa come diffusione del modello occidentale, ha portato spaesamento e chiusura di fronte a dinamiche nuove e, spesso, incomprensibili. L’11 settembre 2001 – attentato alle Torri Gemelle – è la data simbolo che ha fornito impeto a tutti i fondamentalismi.
Ma tra tanti casi storici drammatici ed ancora di stretta attualità, purtroppo, ho voluto portare qualche esempio di persone che hanno sperato, hanno avuto un sogno, che si sono impegnate per la pace, perché le religioni sono fatte di donne ed uomini che possono, se vogliono, diventare costruttori di pace, spesso, però, tacciati di ingenuità e di vuoto ottimismo (cfr. Discorso di papa Francesco alla Cerimonia finale dell’incontro di preghiera per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, 7 ottobre 2021). Sogno, profezia, visione… come possono essere classificati i gesti, le parole, le decisioni prese da persone come il rev. Wattson, episcopaliano, ideatore con l’anglicano Jones della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani nel 1908, o come Giovanni XXIII che chiese di usare “la medicina della misericordia e non l’arma della severità” (cfr. “Gaudet mater ecclesia”); come Bruno Hussar, padre domenicano, l’“uomo dalle quattro identità” come amava definirsi.
Nato al Cairo in una famiglia di ebrei non praticanti di origine ungherese, battezzato a 24 anni, fondatore, nel 1972, di Nevé Shalom Wahat al-Salam, un villaggio a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv in cui vivono ebrei, musulmani e cristiani, “Ho sentito parlare di un sogno” uno dei libri che ne raccontano la nascita. O come Giovanni Paolo II che il 27 ottobre 1986, in linea e compimento con la “Nostra Aetate” (1965), invita ad Assisi i fedeli di varie religioni per pregare per la pace. “La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana. A seconda del loro modo quotidiano di vivere con gli altri, gli uomini scelgono a favore della pace o contro la pace” (cfr. Discorso di Assisi).
E suor Angela ha raccontato come ciò davvero avvenga, come il dialogo interreligioso si concretizzi in esperienze di vita. Riportando episodi legati alla sua missione a New York – al suo soggiorno di formazione e studio -, in Sierra Leone – con la drammatica esperienza del rapimento-, in Thailandia, per l’accoglienza e la cura dei bambini disabili e delle loro mamme nella “Casa degli Angeli”. Ambienti sociali di culture, religioni, lingue diverse, per cui ha conosciuto rappresentanti della comunità ebraica statunitense, ha frequentato gruppi di studio e lavoro multietnici e multiculturali in cui, davvero, tutto il mondo era riunito; oppure ha vissuto la sensazione di essere chiaramente minoranza in Africa e in Thailandia. Ma, alla fine, in tutte queste realtà, senza tentare inutili proselitismi, ha potuto constatare come la vita di dedizione e servizio, attenzione e cura, accompagnamento e vicinanza sollecitava “l’altro” a rivolgerle sempre le stesse domande. “Sister, perché fai questo?”, “Sister, chi è il tuo Dio?” fino al punto di portare alcuni monaci buddhisti ad infrangere, spontaneamente, qualche tabù come toccare le mani di una donna per ricevere/offrire un dono o un bambino disabile per cullarlo, coccolarlo, stringerlo a sé.
Molti temevano che nell’incontro di Assisi si creasse confusione tra le religioni, che l’incontro con l’altro fosse un rischio. Invece è un arricchimento e papa Francesco ce lo ricorda sempre. Il, purtroppo, poco conosciuto “Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” (Documento di Abu Dhabi 4 febbraio 2019) sottoscritto con il grande Imam Al-Tayyip di Al-Azhar del Cairo rappresenta un evento storico per il dialogo cattolico-islamico, in cui si afferma la propria identità nel riconoscimento dell’altro e della sua libertà. Vengono condannate “tutte le pratiche che minacciano la vita” e si dichiara “che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza e allo spargimento di sangue”; si chiede, in modo fermo, “di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”.
Cosa ci ha insegnato la Storia? Cosa ci presenta l’attualità? Facile, immediato e comprensibile sarebbe cadere nello scoraggiamento e nel senso di impotenza. Ma la speranza ci impone di sentirci coinvolti, ogni giorno, attraverso le nostre scelte, per un’azione di pace che sia apertura verso l’altro, disponibilità al dialogo per costruire un movimento di pace, per coltivare la pace in nome di Dio. Una visione, solo un sogno, un’utopia…? “C’è chi vuole dividere e creare scontri, noi crediamo nell’importanza di camminare insieme per la pace: gli uni con gli altri, mai gli uni contro gli altri” (Discorso di Papa Francesco, 7 ottobre 2021, cit.).