Fare nuove tutte le cose
Gli auguri del nostro sacerdote “fidei donum” che trascorrerà il Natale con gli Inuit del Canada
di Don Luca Baraldi
Se ne sta là, in cima ad un piccolo promontorio che per nove mesi all’anno è coperto da neve e ghiaccio. Se ne sta là, come Stonehenge e mille altre rovine di luoghi destinati a culti ormai dimenticati. Se ne sta là, sola, alla periferia degli interessi degli uomini e forse anche di Dio.
Si perché di quella chiesa in pietre che i missionari costruirono un secolo fa nel villaggio di Cambridge Bay, sull’isola di Victoria nell’Oceano Artico, nessuno sa più cosa farsene. Quest’anno è con la comunità Inuit che vive in questo sperduto luogo al sessantanovesimo parallelo che passerò il Natale. Il vescovo mi ha mandato qui perché da anni non veniva un prete a celebrare la messa della Natività. Ci riuniremo nella nuova cappella, ricavata negli spazi di un piccolo e razionale prefabbricato, più adatto alle esigenze odierne. Eppure non posso sottrarmi alla provocazione che quell’edificio in pietre, decadente ed inutilizzabile lancia.
“Di quale chiesa, di quale fede oggi avete realmente bisogno?” sembra domandare. Alcuni, immagino, troveranno questa domanda fuori luogo e persino irriverente. “La religione di sempre!”, penseranno. Eppure la contemplazione dei luoghi del Natale di Cristo, rappresentati ogni anno nei nostri presepi, insieme all’immagine di quella cappella abbandonata, mi fanno pensare che Dio non ami troppo le rigidità tradizionali, gli schemi fissi, il “si è sempre fatto così”. Non a caso per la nascita del Suo Unigenito l’Eterno, al posto di una reggia o di un tempio, ha preparato come dimora una stalla, angusta grotta che contiene in sé tutto il travaglio della storia delle donne e degli uomini che vivono sotto il cielo.
Così, mi pare, osservando i segni che incontriamo e discernendone i significati spirituali, aprendoci, cioè, all’ascolto della voce dello Spirito, potremo lasciare rinnovare in noi la forza trasformante del Vangelo che ci rigenera come comunità e popolo di Dio. Lasciamo che le rovine ci parlino e ci liberino da inutili nostalgie e chiusure, rimandandoci a Colui che fa nuove tutte le cose e che ancora preferisce rivelarsi nella debole tenerezza di occhi e braccia che accolgono piuttosto che nella dura freddezza di pietre scolpite.
Buon Natale!