Il rischio di una scienza senza cuore
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Dopo i fatti di Hiroshima e Nagasaki e lo svelamento di una cattiva medicina attraverso i fatti del processo di Norimberga, si propagò tra la gente una mancanza di fiducia nel progresso scientifico, interpretato come negazione di un vero progresso umano.
A Norimberga vennero condannati per crimini contro l’umanità una ventina di medici che anteposero ragioni di Stato al giuramento ippocratico, professionisti che, ironia della sorte, venivano da un Paese, l’unico in Europa, in cui già vigevano ferree direttive sulle terapie e sulla sperimentazione clinica.
I 10 articoli dello storico Codice di Norimberga ponevano l’accento, in modo particolare, sul consenso informato, sui prerequisiti della sperimentazione scientifica, sull’assenza di rischio, sulla qualificazione degli sperimentatori e sulla possibilità di bloccare gli esperimenti in qualsiasi momento. L’aggiornamento del giuramento di Ippocrate, elaborato dopo questi fatti, tenne in grande considerazione gli articoli del codice, seguiti poi da documenti basilari per la bioetica come la dichiarazione di Helsinki.
Dopo Norimberga e la nascita dei primi principi etici, si diffuse una cultura diversa, dove il medico non era più semplicemente colui che doveva guarire ma entrava nei meccanismi anche sociali, entrava per cercare di promuovere l’uomo non solo curando un “ingranaggio” del suo corpo. Malgrado queste attenzioni, la medicina fece fatica ad assumere contorni umani e olistici, ad incrementare l’arte medica, ad integrarla con le scienze umane, con la psicologia e l’etica.
Il rapido progresso, gli sviluppi della medicina preventiva e predittiva legata allo studio del DNA, portarono ad un volto della scienza che stava tornando indietro, non nelle scoperte scientifiche ma nelle modalità di esecuzione. Abbandonando la sensibilità filosofica, che doveva assumere anche la scienza, questa divenne un’arma contro l’uomo stesso. Ricordiamo infatti che la bioetica nacque proprio come riflessione e orientamento ad una scienza che stava di nuovo perdendo il motivo per cui esisteva: il bene dell’uomo.