Don Zeno di Nomadelfia, gli anniversari nel mese di gennaio
Gennaio porta con sé per Nomadelfia e per tutti coloro che sono legati alla figura e alla memoria di don Zeno una serie di anniversari ravvicinati. In un testo autobiografico il racconto della prima messa del fondatore di Nomadelfia in Cattedrale a Carpi (6 gennaio 1931)
Alla prima Messa di don Zeno (6 gennaio 1931) risale una fotografia dell’Archivio di Nomadelfia. Davanti alla chiesa di Sant’Ignazio a Carpi vediamo don Zeno (a sinistra) affiancato da un nutrito gruppo di amici, grandi e piccoli, legati all’Opera Realina. Alle spalle del sacerdote, compare il volto sorridente, dall’aria scherzosa, di un giovane con il cappello: Odoardo Focherini.
Gennaio porta con sé per Nomadelfia e per tutti coloro che sono legati alla figura e alla memoria di don Zeno una serie di anniversari ravvicinati. Il 4 gennaio 1931, Zeno Saltini veniva ordinato presbitero per le mani del vescovo di Carpi, monsignor Giovanni Pranzini. Due giorni dopo, il 6 gennaio, il novello sacerdote celebrava la prima messa in Cattedrale. Il 22 gennaio, ricorre il 62° anniversario della “seconda prima messa” di don Zeno, mentre il 15 gennaio sarà il 43° anniversario del suo ingresso nella vita eterna.
Zaira di Nomadelfia, la 95enne figlia spirituale di don Zeno, ha estratto il seguente testo dagli scritti del sacerdote dove ricorda la sua ordinazione e soprattutto la sua prima messa (oggi chiamata piuttosto prima presidenza perché a rigor di logica la prima messa è quella dell’ordinazione stessa concelebrata con il Vescovo ordinante), alla presenza del suo primo figlio accolto, Danilo, detto Barile. E’ un passaggio fondamentale della vita di don Zeno, che testimonia il profondo radicamento nella Chiesa di Carpi dell’esperienza di Nomadelfia che in quel momento ebbe inizio. Lo scorso anno, il 23 gennaio, a Carpi è stato ricordato per la prima volta l’anniversario della “seconda prima messa” (22 gennaio 1962).
Domenica 21 gennaio, alle 10.30, nella parrocchia di San Giacomo Roncole di Mirandola, dove nacque l’opera Piccoli Apostoli, sarà celebrata la Santa Messa nel 43° anniversario della morte di don Zeno. Sarà allestito un banchetto dove si offrirà una selezione di pubblicazioni sul sacerdote.
Don Zeno Saltini. Inviato a svegliare i dormienti della Diocesi
In un testo autobiografico il racconto della prima messa del fondatore di Nomadelfia in Cattedrale (6 gennaio 1931)
Come sapete, il mio amatissimo e grande amico Mons. Giovanni Pranzini, allora Vescovo di Carpi, mi ordinò il 4 gennaio dell’anno dopo (1931) nella Chiesa di Fossoli, dove fui battezzato nel 1900, e celebravo la Prima Messa nella Cattedrale di Carpi. Alla presenza del popolo feci quell’atto unitamente all’atto della consacrazione… Nasceva così, in tanta festa del Cielo in terra, Nomadelfia, nella quale il rapporto umano è quello dei liberi figli di Dio. Non più assistiti, ma figli e fratelli, legati dal Sangue di Cristo, umano e divino retaggio della Nuova Era che nasceva con la Resurrezione del Redentore del mondo e che nasceva nella Cattedrale di Carpi come Nuova Civiltà. Nasceva un popolo civile, fondato sulla Fede una, santa, cattolica, apostolica. Scendevo dall’altare e uscivo dalla Cattedrale avvolto dal popolo; ma con Gesù che mai mi ha lasciato un momento solo e con un figlio appena uscito dal carcere dove non è mai più ritornato. Si fece mio prezioso aiutante. Per me si sarebbe buttato corpo e anima in qualsiasi avventura e lo farebbe anche adesso senza pensarci due volte. Ho avuto a tutt’oggi oltre quattromila figli, so che nel suo cuore ci sono fino alle radici e che è nel mio cuore la radice più profonda e più vivente. Lui solo sa chi è per me e io solo so chi sono per lui.
L’Epifania del 1931 entrava egli nella Cattedrale, ignaro di tanto onore e privilegio; dai miei amici della Gioventù Cattolica era stato vestito di una eleganza degna di un figlio scelto da Dio ad essermi un solo a piantare nel mezzo del mondo il nuovo popolo, la Nuova Civiltà. Entrava nella Cattedrale scarcerato e ne usciva con me fondatore di Nomadelfia. “E venne ad abitare con me”. Uscito dalla Cattedrale con il popolo che, numeroso, aveva preso parte alla mia Prima Messa, con Danilo e con il popolo imboccavo le vie riaperte alla volta della Nuova Civiltà.
L’accademia in S. Ignazio
Nel pomeriggio della festa medesima, Epifania 1931, si tenne un’accademia nella Chiesa di S. Ignazio.
Parlarono: il presidente della Federazione della Gioventù Cattolica, Odoardo Focherini, ucciso poi dai nazifascisti nel periodo della resistenza, e altri amici in rappresentanza dell’Università Cattolica, del Consiglio Regionale e Nazionale della Gioventù Cattolica ed altri che avevano collaborato con me in diverse opere di apostolato cristiano e sociale fin da quando ritornai dalle armi nella festa dell’Assunta 1920. Infine prese la parola il Vescovo Mons. Giovanni Pranzini. Egli, tra l’altro, disse: “Don Zeno me lo faccio mio galoppino a svegliare nella diocesi i dormienti”. Terminata la cerimonia mi disse: “Tu devi riposare 15 giorni, poi combineremo quello che dovrai fare”. Dissi tra me: “che dovrei fare in questi 15 giorni per riposare?”
Pranzini: “Don Zeno, mio galoppino per svegliare i dormienti”
Decisi di ritornare in Seminario a meditare e a scrivere qualche cosa di inerente alla nuova missione nella Chiesa e nel popolo in collaborazione con il Vescovo. Vi andai la sera tardi; ma non avevo sonno. Mi misi a rispondere a qualche lettera e a telegrammi. Non ero stanco. Verso le due e mezzo decisi di andare nella cappella del Seminario a fare la Via Crucis, la notte silenziosissima. Appena entrato nella cappella, al cospetto di Gesù Eucaristico, mi domandai: “Signore, ma che intendeva il Vescovo annunciando che sono diventato il suo galoppino?”. E mi misi a meditare i quadri della Via Crucis. Qui capii che intendeva il Vescovo nel darmi la missione di essere il suo galoppino. Infatti mi soffermai molto tempo a guardare e meditare l’episodio della Veronica. Al passaggio di Cristo, carico della Croce, la Veronica uscì da uno di quegli usci e si fece avanti, coraggiosa, con un bianco lino, con il quale asciugò il volto insanguinato del Redentore. È voce di popolo che Gesù le lasciò un santo ricordo: le impresse sul lino il suo Volto dall’espressione del dolore umano e divino che lo torturava. Dissi: “Signore, adesso ho capito tutto il profondo significato della direttiva del Vescovo che annunciò la mia missione: “Don Zeno me lo faccio mio galoppino a svegliare nella Diocesi i dormienti”. Fisso lo sguardo su quel quadretto della Veronica conclusi: “Gesù mio, per dare inizio alla missione di ‘galoppino’, prima di tutto percorro la Diocesi a imprimere nell’anima e nel cuore dei fanciulli il tuo Volto insanguinato d’amore”. Stroncai il cammino mistico che mi accompagnava sulla Via Crucis e ritornai nella cameretta silenziosa, ma spiritualmente satura di mille e mille “voci” nel mistero che mi avvolgeva. Non dormii tutta la notte. Guardavo a occhi aperti la grande missione che mi aspettava e facevo i piani con tutti i particolari del meraviglioso attacco al “Principe di questo mondo”, il quale domina, tiranno, le mamme e i babbi che quasi sempre educano i figli più con il senso che con la ragione e la Fede, essendo, purtroppo spesso, autentici sensisti. Il loro reato è che allevano i figli nella competizione dell’uomo lupo all’uomo. È così, purtroppo. Al mattino, presto, andai dal Vescovo. Gli dissi: “Eccellenza, sono scaduti i 15 giorni di riposo che le mi ha comandato”. Il Vescovo mi guardò, sorpreso e muto. Gli raccontai l’episodio mistico avvenuto nella notte: “Oggi stesso – conclusi – dovrei dare inizio a correre a imprimere nell’anima dei fanciulli della diocesi il Volto di Cristo”. Il Vescovo non parlava, mi guardava negli occhi, commosso. Mi pareva che mi parlasse con gli occhi. Disse: “Va’, il Vescovo è con te. Fa quello che vuoi, il Vescovo è con te sempre, ricordalo”. Si alzò dalla sedia e mi benedisse.