Per quelli che fanno più fatica
La scuola per don Lorenzo Milani
di Claudia Vellani, Gruppo Don Milani Modena
Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani ha riportato con forza all’attenzione, soprattutto del mondo della scuola, la sua vicenda di uomo, sacerdote, intellettuale, maestro e scrittore. Un’attenzione, in realtà, che non si è mai affievolita, anche se forse don Milani è stato un autore più citato, e talvolta anche a sproposito, che conosciuto: le pubblicazioni, i convegni, i tanti contributi che segnano quest’anno centenario, che si concluderà il 27 maggio 2024, sono davvero una preziosa occasione per conoscerne meglio la vita, le scelte e la spiritualità, soprattutto leggendone i testi.
Prima di tutto Esperienze pastorali, un libro eccezionale, l’unico scritto interamente da lui, oggi ritenuto uno dei documenti più alti per capire i processi di emarginazione culturale e di scristianizzazione. E poi le numerosissime lettere e in particolare quelle pubbliche: ai Cappellani militari, ai Giudici, due testi fondamentali nell’educazione al pensiero critico, in cui affronta con i suoi ragazzi i grandi temi della pace e del primato della coscienza. E infine Lettera a una professoressa, tradotta in 24 lingue, frutto di una scrittura collettiva da parte di un vero e proprio laboratorio di ricerca sociale che denuncia la sistematica cacciata dei poveri dalla scuola. Anche Papa Francesco ha raccomandato di approfondire la conoscenza di don Milani, il 20 maggio 2017, quando a Barbiana ha incontrato gli ex allievi, “testimoni della sua passione educativa, del suo intento di risvegliare nelle persone l’umano per aprirle al divino”. Don Milani ha speso infatti la sua vita e il suo essere prete per dare dignità e parola ai figli degli operai, dei contadini, dei montanari che, a causa della loro inferiorità culturale, erano sfruttati. E non ha mai avuto dubbi sul fatto che bisognava partire dalla scuola: scuola come strumento di uguaglianza, di promozione sociale, di emancipazione per lo sviluppo di ciascuno, anche di quelli che fanno più fatica.
Sia nella Scuola popolare di San Donato a Calenzano che a Barbiana don Milani si impegna ad attuare l’articolo 3 della nostra Costituzione: rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. Ma oggi i tempi sono cambiati: la scuola di Barbiana non può essere un modello, ma è certamente un messaggio, “e il messaggio non si imita mai, è sempre un appello a nuove creazioni”. (E. Balducci). Una scuola cooperativa e non competitiva, che non esclude ed è attenta ai più deboli che vanno resi uguali con l’istruzione, che mette al centro la persona e ha fiducia nella capacità di apprendere di ogni alunno, il chè non vuol dire accondiscendenza o abbassamento di richieste, ma attenzione e responsabilizzazione; una scuola che insegna il valore della cultura e della parola: questo è il messaggio di Barbiana. “Barbiana era scuola di scienza, e di lingua, di pensiero e di vita, di denuncia e di coerenza” ci testimonia Francesco Gesualdi, alunno di don Lorenzo. “Il suo obiettivo era fare di noi delle persone libere, in grado di capire la realtà, di difendersi, di partecipare, di pensare, di scegliere. Il suo insegnamento era di usare il sapere per la nostra dignità personale, per esercitare la sovranità insieme agli altri, per fare trionfare il bene comune, assumendoci le nostre responsabilità”.
La scuola di oggi rischia di essere una scuola valutativa più che formativa, dove si è perso lo stupore della conoscenza, la voglia di approfondire. Anche se oggi le bocciature relative alla scuola dell’obbligo (perché a queste si riferisce Lettera a una professoressa) sono drasticamente diminuite, rimangono forti le disparità e non pochi sono i docenti, in tutti gli ordini di scuola, che “fanno parti uguali tra diversi”, cioè pretendono traguardi uguali in tempi uguali da tutti i ragazzi, senza tener conto dei punti di partenza e delle situazioni personali e familiari. Risuonano forti le parole di papa Francesco: “La meritocrazia, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza”. Il segreto, semplice ed impegnativo ad un tempo, è quello di motivare ogni ragazzo, dargli uno scopo. A Barbiana al mattino si faceva lezione, e al pomeriggio si leggeva il giornale non solo per far sapere ai ragazzi cosa succedeva nel mondo, ma per insegnare loro a ragionare sulle notizie, per formare coscienze critiche, pensanti, non più deboli per ignoranza, ma forti per conoscenza. Tutto entrava nella scuola ed era occasione per fare scuola: anche oggi, quando il programma viene suggerito da quello che succede intorno a noi, non ci si annoia e la scuola diventa scuola di vita.
Oggi torna con forza la necessità di educare alla responsabilità, sapendo compiere scelte coerenti riguardo al futuro del pianeta e alla convivenza tra gli esseri umani. La democrazia è discussione, è ragionamento comune, si fonda sulla circolazione delle idee e delle convinzioni. Don Lorenzo favoriva sempre il dialogo: “Parlate uno alla volta che io vi aiuto a dirlo bene!” raccomandava. I giovani che possiedono poche parole, che non capiscono il signifi cato di discorsi elementari sono i destinatari ideali per i demagoghi e i populisti di ogni genere. Dare loro il possesso e l’uso consapevole della parola, l’abitudine alla riflessione, al pensiero argomentativo, educarli a informarsi, farsi un’idea, confrontare fonti, provare a capire: un lavoro faticoso, ma senza questo sforzo si corre il rischio che non sia il consenso a conferire il potere, come deve avvenire in democrazia, ma che sia il potere a pilotare il consenso, come accade nelle dittature.