Medicina e intelligenza artificiale – 1^ parte
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon.
Con il termine Intelligenza Artificiale (IA) si identificano tecnologie che imitano alcuni aspetti dell’intelligenza umana, per sviluppare dati o macchine. Queste macchine hanno una potentissima capacità e velocità di calcolo, rendendo fruibile una enorme quantità di dati in pochi minuti. La macchina deve essere “allenata” ad apprendere, a “ragionare” e questo lo si fa attraverso l’immissione di dati e algoritmi. Sulla base di questo “addestramento” l’IA è in grado di essere un validissimo ausilio per il clinico e il ricercatore. Fin dagli anni ‘70 la IA è stata considerata come area emergente capace di svolgere “ragionamenti” sulla conoscenza limitata per imitare i ragionamenti medici. Oggi nella medicina esistono già molte applicazioni dell’IA finalizzate a migliorare la pratica sanitaria: la IA può assistere il professionista nella prevenzione, classificazione e stratificazione delle condizioni del paziente (riducendo l’incertezza diagnostica); nel comprendere perché e come i pazienti sviluppano le malattie (riducendo l’incertezza fisiopatologica); nel considerare quale trattamento sarà più appropriato per loro (riducendo l’incertezza terapeutica); nel prevedere se si riprenderanno con o senza un trattamento specifico (riducendo l’incertezza prognostica incrementando la predizione della insorgenza o evoluzione di patologie), e così via.
Inoltre, la IA può essere utilmente impiegata per la sperimentazione clinica e nella prospettiva della medicina di precisione; nell’interpretazione delle immagini (l’IA riconosce segnali che non sono distinguibili dall’occhio umano); nell’ambito della medicina personalizzata, nell’analisi di big data in genomica. Attualmente, IBM sta cercando di realizzare una versione di Watson che sia utile al medico; in particolare, un sistema che fornisca al medico, mentre sta operando, delle specifiche informazioni presenti nella letteratura di quell’ambito. Si pensa che sia possibile accorciare il tempo dedicato alla scoperta di un farmaco da 4, 5 anni a 1, con un taglio dei costi dell’80%. Ad esempio, Halicina è il primo antibiotico scoperto da un algoritmo di intelligenza artificiale. Un antitumorale, BPM31510, ottenuto con sistemi di IA che setacciano migliaia di tessuti umani, ha superato un trial di fase due per pazienti con tumore pancreatico in stato avanzato.
(1 – continua)