Una risposta inappropriata
Il Forum delle Associazioni Familiari dell’Emilia-Romagna è intervenuto nel dibattito sulla delibera regionale
Quarantadue giorni: questo è il tempo che potrà intercorrere in Emilia-Romagna tra l’espressione del desiderio di ricorrere al suicidio assistito e la sua esecuzione. Il Governatore Bonaccini ha emanato una delibera di Giunta Regionale che dà applicazione alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale. La regione ha silenziosamente ma esecutivamente diramato linee guida per il territorio regionale e insediato un comitato ad hoc il “Comitato regionale per l’etica nella clinica” o Corec per l’esame di richieste espressamente definite per il suicidio assistito, anziché utilizzare i Comitati etici territoriali (Cet) previsti dalla legge nazionale 3/2018 e indicati come competenti dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019.
La stessa Corte ribadisce che il nostro ordinamento tutela il diritto alla vita e non un preteso “diritto a morire”, precisa che la ristretta area di non punibilità dell’ “aiuto al suicidio” (art.580 Codice penale) da essa individuata sulla base di precise e rigorose condizioni, non può comportare alcuna partecipazione alla formazione del proposito suicidario (istigazione al suicidio,art.580 Codice penale) né alla sua attuazione concreta (omicidio del consenziente, art 579 Codice penale) anche da parte del SSN, cui spetta solo un compito di “verifica” circa le condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio prestato da terzi e “le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze”. L’oggetto della proposta “suicidio medicalmente assistito” configura un vero e proprio percorso per l’eutanasia attiva consensuale, sia pure delimitata dalle condizioni dettate dalla Corte, come prestazione da erogarsi da parte del SSN, andando ben oltre quanto affermato dalla Corte stessa nella sua sentenza, ove non si parla mai di protocolli medici o prestazioni sanitarie, se non di quelle relative alle terapie del dolore e alle cure palliative, le sole previste dalla legge in questi casi (legge 38 del 2010).
Il suicidio è sempre un dramma, una soluzione non risolvibile, questa consapevolezza porta le famiglie, le comunità e le istituzioni a cercare di prevenirlo. Come associazione di famiglie quanto dolore accompagni tanti di noi in casi del genere. Siamo di fronte ad un cambio di paradigma secondo cui, ad alcune condizioni, il suicidio diventerebbe non più tragico epilogo di esistenza umana, non qualcosa da scongiurare. Oggi si vuole promuovere il suicidio come diritto, come prestazione. Togliersi la vita diventa diritto esigibile, un problema di salute, un livello essenziale di assistenza. La definizione e la descrizione di prestazioni sanitarie (LEA) sono competenze di esclusiva pertinenza dello Stato.
Come Forum riteniamo che i percorsi fondamentali che il Servizio Sanitario Regionale dovrebbe intraprendere sono: cure palliative e sedazione profonda. Auspichiamo che vengano attivati una fattiva promozione e un sostegno concreto per la loro realizzazione in strutture tipo gli Hospice e se possibile presso il domicilio del paziente. L’obiettivo di tali cure è quello di non ostacolare e neppure anticipare la morte, ma di prendersi cura dell’uomo, del suo dolore fisico e psichico, accompagnandolo “nel” morire, senza fornire un aiuto “a” morire. E’ un prendersi cura fino all’ultimo respiro, un’accoglienza, un ascolto continuo per farlo sentire amato e voluto, ed evitare la solitudine nell’affrontare la paura della sofferenza e della morte.
Come Forum chiediamo maggior cura per i soggetti deboli e le loro famiglie, il riconoscimento della primaria e fondamentale funzione sociale della famiglia e il suo ruolo insostituibile, anche in questo ambito, predisponendo risorse e strutture necessarie a sostenerla, percorsi di accompagnamento psicologico preventivo e promozione di progetti di reti volti a non farla sentire sola.