Intervista a Maddalena Vaglio Tanet
CulturalMente, una rubrica di Francesco Natale
Maddalena Vaglio Tanet, autrice che nella sua carriera è stata anche finalista del prestigiosissimo Premio Strega, è in libreria dal 26 marzo con “Rim e le parole liberate” (Rizzoli). Il romanzo destinato ai ragazzi narra di Rim, una ragazzina che vive in un mondo in cui le parole sono vive e hanno un prezzo alto, non si possono prendere in prestito, scambiare di nascosto e men che meno rubare. Le pene, per i ladri di parole, sono severissime. Le parole vengono descritte come bestioline volanti grandi quanto un dito che esistono solo in cattività. Un libro, questo, che come ci svela l’autrice è in parte di “critica sociale”.
Dedichi il libro a “chi sa che le parole sono vive e hanno bisogno della nostra cura”. In che senso le parole sono vive?
Le parole sono vive in molti sensi diversi, ma imparentati tra loro. Il linguaggio umano si rinnova. L’italiano che parliamo e scriviamo oggi è diverso dall’italiano di trenta, cinquanta, cento anni fa. La lingua, come un organismo vivente, cambia, e lo fa in relazione alle abitudini, ai desideri, alle ossessioni, agli interessi di un’epoca o di uno specifico gruppo umano. Un esempio facile: ci sembrerà sempre più ovvio parlare in maniera inclusiva di disabilità. Ma le parole sono vive in un senso ancora più profondo. Attraverso le parole noi ci esprimiamo e pensiamo, tanto che la materia stessa dei nostri pensieri è linguistica. Persino quando ragioniamo o immaginiamo da soli, nella nostra mente, lo facciamo attraverso le parole. Gli esseri umani sono creature linguistiche. Noi viviamo di parole, siamo intessuti di parole. Per questo è importante averne cura, conoscerne molte, sceglierle e adoperarle con curiosità e rispetto. Un ottimo modo per avere cura delle parole è giocarci: farci rime, indovinelli, filastrocche, e chissà che altro. Ce l’hanno insegnato scrittori come Gianni Rodari, Toti Scialoja, Bruno Tognolini, Silvia Vecchini.
Rim, la protagonista del tuo romanzo, è una ragazzina curiosa. La curiosità è tipica dei bambini e dei giovani. Perché è importante tenerla accesa?
In questo i bambini possono davvero farci da maestri. Non danno nulla per scontato, fanno e si fanno domande, sono disposti a imparare e quindi a cambiare idea. Penso che i canali della curiosità siano abbastanza soggettivi. Il mio modo di conoscere il mondo passa attraverso la lettura, i libri. Altri esploreranno la realtà attraverso la cucina, la fotografia, i viaggi in bicicletta, la tecnologia, lo studio delle lingue… Non c’è un solo modo di essere curiosi.
In “Rim e le parole liberate” descrivi una società in cui le parole sono in gabbia e hanno un prezzo. Secondo te anche nel mondo reale le parole hanno un prezzo? La cultura e la conoscenza sono accessibili a tutti?
C’è un elemento di critica sociale nel libro. Il nostro mondo, così come il mondo di Rim, è pieno di disuguaglianze e relazioni di potere. I privilegi (economici, culturali) tendono sempre a perpetuarsi. Persino il merito, spesso, è solo un altro modo di dire privilegio. Da persona che lavora con i libri, credo che il ruolo delle scuole e delle biblioteche pubbliche sia fondamentale nel tenere sotto controllo le disuguaglianze, almeno un po’, e impedire che le circostanze della nostra nascita diventino un destino segnato. Ma scuole e biblioteche non possono fare miracoli.
Le parole hanno anche un peso. Ci sono parole terribili che possono ferire. Ci sono parole che elimineresti dal vocabolario?
Non eliminerei nessuna parola per decreto, ma trovo confortante che alcune parole escano gradualmente dall’uso, oppure, nei romanzi, vengano messe in bocca a personaggi spregevoli, così da mostrare tutta la loro atrocità. La lingua cambia, come dicevo. Mi auguro che certi insulti, ad esempio, cadano in disuso, come foglie morte. Diventino antiquariato linguistico. Non perché sono vietati, ma perché ci si è resi conto, collettivamente, di quanto siano idioti.