Costruire ponti fra le generazioni
San Martino Spino: dialogo con il parroco don Arnaud Giegue, e con due laici impegnati in parrocchia, Assunta e Matteo
di Pietro Paulo Spigato
Il fenomeno sociale dell’innalzamento dell’età media della popolazione è uno dei grandi temi dell’attualità e sarà sicuramente protagonista nelle riflessioni dei prossimi anni. Questa dinamica ha delle ricadute importanti e decisive anche sulle comunità parrocchiali, in quanto espressioni di un insieme di fedeli con fasce di età molteplici, che rappresentano la vita della persona in tutte le sue fasi. Siccome alla base del funzionamento di una parrocchia vi è la collaborazione fra i suoi componenti, abbiamo scelto di dare valore e risalto a chi si impegna nella costruzione di ponti generazionali che favoriscano il dialogo e la vita di comunità. Per questo ci siamo rivolti a San Martino Spino, scegliendo di raccogliere le testimonianze di tre membri attivi della parrocchia, ovvero il parroco, don Arnaud Giegue Tametsop, Assunta Romano, catechista, ministro straordinario della comunione eucaristica e referente insieme al marito Claudio del gruppo di preparazione al matrimonio, e Matteo Reggiani, catechista, consigliere pastorale e educatore in appoggio al coordinamento del gruppo Giovani. Visto che risulta più facile e naturale trovare una sintonia comunicativa tra coloro che, nella comunità, condividono la stessa età, diventa fondamentale capire come interagire fra chi invece appartiene a differenti generazioni.
“Molti giovani pensano che gli anziani appartengano ad un mondo che non esiste più ormai, per cui il loro punto di vista sulla realtà è di poca pertinenza per loro – riflette don Arnaud, parlando in generale -. D’altra parte, molti adulti guardano con gran pessimismo al futuro dei giovani perché non riescono a cogliere in loro quella serietà e determinazione che avevano al loro tempo. Questi pregiudizi rischiano di creare un abisso insuperabile fra le generazioni di una stessa comunità”. Il caso specifico di San Martino Spino, però, dà dimostrazione di una comunità che si propone di avere un forte legame intergenerazionale, così come spiega Assunta Romano: “Nella nostra parrocchia ci sono sempre ‘elementi’ che fanno da ponte fra le generazioni. Proprio questa settimana, ad esempio, i ragazzi del gruppo Giovani stanno organizzando il campo invernale e nonostante abbiano piena autonomia su tutte le decisioni, cercano un dialogo con noi adulti per avere la nostra opinione. Non hanno paura di decidere insieme e di confrontarsi, questo si deve ad un lavoro fatto in passato e allo spirito d’accoglienza che già era molto forte con don Germain Kitcho, predecessore di don Arnaud”.
Matteo Reggiani fornisce altri esempi concreti di attività e momenti di condivisione intergenerazionale: “Oltre al catechismo, che ormai non vede più la presenza degli anziani, l’attività in cui entrano in contatto più generazioni è il coro, dove abbiamo una violinista di soli sedici anni e alcune coriste di oltre ottanta. Lectio e adorazioni eucaristiche erano partite come momenti esclusivamente dei giovani, ma poi sono state allargate a tutti. Così come le tombolate che organizziamo per incontrarci e divertirci con tutta la comunità. Anche i campi invernali sono un esempio di coesione, con le cuoche che non si limitano a cucinare ma sono attive e partecipi”.
Ma qual è il segreto per costruire un legame forte fra tutte le generazioni della propria comunità parrocchiale e soprattutto come impegnarsi in prima persona per far sì che questo accada? “La difficoltà maggiore è imparare a non fare tutto da soli ma cercare di rendere partecipi tutti: deve vincere il noi – riflette Assunta Romano -. Credo che aiuti nel costruire i ponti anche solo la vicinanza del chiedere se c’è bisogno, cose semplici come rendersi disponibili per l’altro”. “Una cosa per cui mi sono sempre battuto in prima persona – rivela Matteo Reggiani – è che nessuno si senta più importante di altri perché è più esperto o fa più cose. Da educatore ho sempre cercato di valorizzare tutti, trovando arricchimento l’uno nell’altro. Lo strumento principale che utilizziamo per coinvolgere le persone è lo scherzo e la risata, elementi che vanno a creare un clima di serenità e spensieratezza. Sempre grande rispetto, ma mutuato dalla confidenza del poter scherzare”.
Il tema dell’arricchimento è sposato anche da don Arnaud, che sostiene: “Le differenze generazionali, che sono una evidenza della realtà, hanno lo scopo non di allontanare le persone ma di arricchirle reciprocamente. Grazie al miracolo della preghiera si crea un contesto di profonda comunione, divenendo un cuore solo ed un’anima sola, nonostante, quando si preghi, sembra che non ci sia un contatto generazionale. Tra le tante iniziative che potremmo incentivare c’è l’esperienza dei pellegrinaggi parrocchiali. Raggiungere insieme una meta nella quale incontrare il Signore – conclude – unisce profondamente e crea ricordi che fanno sentire parte di un’unica famiglia”.