La “regola d’oro”
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Molti sistemi morali contengono una sorta di “regola d’oro”: Gesù: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”; Confucio: “ non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”; Talete: “evita di fare quello che rimprovereresti agli altri di fare”; Budda: “non urtare gli altri con comportamenti che tu stesso troveresti urtanti”; Pittaco: “Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui”; Sesto Pitagorico: “quello che vorresti i tuoi vicini facessero a te, ciò sia anche per loro”; Epitteto: “Ciò che tu eviteresti di sopportare per te, cerca di non imporlo agli altri” etc.
Questa regola, poi, ha delle varianti, una al positivo e una al negativo: fare agli altri ciò che vorremmo gli altri facessero a noi e non fare agli altri ciò che non vorremmo venisse fatto a noi. La versione positiva è una espansione dell’agire, cioè non solo impone di non fare il male ma impone di fare del bene, mentre la versione negativa è un’etica che minimizza il danno: fa’ ciò che vuoi, l’importante è che non tratti male l’altro. Il problema di questa regola è dare una misura, concretizzare il significato del bene e del male per il soggetto, ovvero, una persona sceglierebbe sempre di essere trattata nello stesso modo di un’altra? Forse no. Questo ci dice che la regola d’oro non può essere una regola generale o universale. Quello che la regola afferma è che non possiamo avere una misura nell’agire che vale per noi e un’altra per gli altri, questo ci impone una coerenza etica.
Esistono delle differenze che evitano un’applicazione della regola d’oro tout court, quello che vorrei fosse fatto a me, forse non è uguale a quello che vorrebbe un altro, esistono bisogni e situazioni differenti, anche se, per i valori fondamentali, non credo ci siano grandi differenze: a nessuno piacerebbe essere picchiato o privato dei suoi beni o trattato senza dignità. La regola, comunque sia, è utile, ci invita ad essere coerenti con noi stessi e con gli altri, a prendere in considerazione i bisogni degli altri anche quando questi sono diversi dai nostri, ad essere, in una parola, empatici.