Un Papa innamorato di Gesù consentirà di fare nel mondo una pesca abbondante
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Quando leggerete queste righe, con tutta probabilità avremo il nuovo Papa. Un evento capace di mettere in moto la macchina del mondo, quella che si interessa della vita religiosa e spirituale, ma anche la politica e, soprattutto, la macchina mediatica. Lo si è visto per i funerali di Francesco e molti hanno pensato che ciò dipendesse dal suo travolgente carisma personale. Di fatto credo che l’interesse per la figura del Papa dipenda dal ruolo unico e irripetibile che oggi egli svolge sulla scena mondiale. Un tempo a ritagliarsi questo primato era il presidente del Stati Uniti, ora ridotto a patetico buffone, caricatura di se stesso in funzione di un narcisismo sul quale dovrebbero dirci di più gli esperti delle patologie del profondo.
Mentre scrivo sento l’eco dei giudizi degli scommettitori. Su tutti svetta il parere di un conoscente il quale auspica che a vincere il podio sia il tal cardinale, cosa che consentirebbe, a suo dire, di far entrare la massoneria in Vaticano, unica in grado di mettere ordine nella complessità dell’ambiente. Sento negli orecchi il clangore delle stupidità, mentre cerco risposte da credente nel turbinio delle opinioni. Mi viene incontro il vangelo della terza domenica di Pasqua che fa da apertura alla settimana in cui il Signore deciderà chi sarà a rappresentarlo. Si racconta dell’incontro del Risorto con Pietro che si tuffa in acqua perché svestito, palese metafora delle sue fragilità. Gesù la percepisce con immediatezza, ma questo non gli impedisce di sceglierlo a guidare la sua Chiesa. Quello che guarda in realtà è invisibile dall’esterno, perché Gesù va a investigare sul suo cuore. Mi ami Pietro? Per tre volte la domanda va a rovistare nei sentimenti dell’irruento pescatore, fino ad obbligarlo alla resa: Signore, tu lo sai che ti amo.
Ecco quello che spero per questi giorni: un faccia a faccia tra Gesù Cristo e colui che sarà chiamato a essere il suo vicario nel mondo. Mi ami? Mi ami? Mi ami? Una resa dei conti che faccia passare in secondo piano tutte le altre pur nobili logiche che vengono tirate in ballo dagli “esperti”, per lasciare posto ad una fede che non sappia di sociologia, ma di innamoramento. Le periferie del mondo, l’unità della Chiesa, l’economia vaticana, progressisti e conservatori, la geopolitica… Sogno un Papa che possa ripetere le parole di san Carlo De Foucauld. “Quando si ama il Beneamato con tutto il cuore, tutto il resto è di troppo”, un Papa capace di parlare di Gesù, sapendo che sarà Lui a rendere feconda la pesca tra le tante frustrazioni degli insuccessi umani della pastorale di tutti i giorni. Un Papa capace di parlare di Gesù con tale entusiasmo, da far emergere le infedeltà dei credenti e riaccendere il lumino della fede nascosta dei non credenti.
Oggi si invoca una Chiesa capace di andare incontro alle miserie del mondo, spesso in supplenza a quanto dovrebbe fare la politica, ma ci si dimentica che la prima povertà è quella di una società, specialmente in Occidente, che non conosce più l’alfabeto della fede. Bambini che non conoscono più nessuna preghiera, che non sanno neppure disegnare una croce, piegati sugli idoli del tempo che hanno reso Dio un fattore ignoto. Ecco il Papa che sogno, uno che ha una storia con Gesù.