San Vincenzo Ferreri, il patrono dei pagliari
Nel 1772 San Vincenzo Ferreri veniva proclamato protettore dell’arte del truciolo a Carpi
di Andrea Beltrami
Era il 28 aprile del 1772 quando Carpi proclamava il santo domenicano protettore dell’arte del truciolo, importante fonte di reddito nella nostra zona. Già nel XVIII secolo a Carpi era nota l’arte del creare trucioli, listelli di legno sottilissimi ottenuti dalla pianta del salice e pioppo molto diffusi nella zona, intrecciati ed impiegati nella realizzazione di cappelli. Attribuito al carpigiano Nicolò Biondo, questo uso era molto diffuso e vedeva l’impiego dei maschi, preposti a preparare la materia prima ricavata direttamente dalla pianta, cui seguiva la parte affidata alle donne, indaffarate nell‘intrecciare i trucioli ottenendo le trecce. La festa di San Vincenzo veniva celebrata nella chiesa urbana di San Francesco, di solito nel mese di giugno anche se il nostro viene ricordato dalla liturgia il 5 aprile, con un triduo di preparazione cui faceva seguito, il giorno della festa, una santa messa solenne con “l’assistenza possibilmente di una rappresentanza dei Pagliari”. Una particolare solennità alla festa viene data nel 1906 quando si decide di trasferire la celebrazione nella chiesa di San Nicolò posticipandola agli ultimi giorni del mese di settembre con la predicazione di Padre Agostino da Montefeltro. La partecipazione alle celebrazioni era numerosa, soprattutto per la presenza di tanti fedeli impegnati nell’antica arte del truciolo, e allestita con grande solennità a testimonianza di quanto fosse sentito il culto verso il santo di Valencia. I manifesti affissi sui muri della città e nelle parrocchie di campagna sottolineavano come “San Vincenzo Ferreri, per confessione dei nostri antenati, ha dato prova di proteggere quest’arte (del truciolo); a Lui dunque ricorriamo, con viva fede ed Egli ce ne otterrà dal Signore la prosperità”.
E proprio la fede e la devozione dei nostri padri verso San Vincenzo, radicata nella città di Carpi ma anche nelle parrocchie di campagna, ci rimanda alle sue raffigurazioni nei dipinti conservati nelle parrocchiali di Limidi, Fossa, Novi, Tramuschio e Quarantoli. Le sue immagini sono diffuse anche sulle case in formelle di ceramica, molte delle quali trovano ospitalità entro nicchie a tempietto; ma San Vincenzo è pure titolare di oratori sparsi nelle campagne reggiane (di cui ne ricordiamo uno nei pressi di Cognento di Campagnola) oppure quello adiacente a villa Carolina, in via due Ponti, costruito nel 1753 su probabile disegno di Carlo Lugli. Un tempo collocato in aperta campagna, ora inserito nell’urbanizzazione cittadina, conserva ancora la sua bellezza negli stucchi che decorano il suo interno, luminoso e slanciato. La pala d’altare richiama alla devozione campestre con i Santi Vincenzo Ferreri ed Eurosia. Un esempio di come il culto del santo nelle nostre terre abbia particolarmente attecchito e fosse praticato ad invocazione della protezione anche del raccolto, oltre a quella del truciolo.