8xmille, sogni che si realizzano
Una firma che fa bene: l’Associazione “La Tenda” e i laboratori rivolti a donne in condizioni di fragilità
di Pietro Paulo Spigato
Una delle realtà di spicco che usufruiscono dei fondi diocesani derivanti dall’8×1000 è l’associazione “La Tenda”, legata alla parrocchia di San Francesco d’Assisi a Carpi, che fra i tanti progetti in corso si è distinta per laboratori di avviamento al lavoro, rivolti in modo particolare a donne che vivono condizioni di fragilità. La bontà del progetto è certificata dalle opportunità lavorative che diverse partecipanti sono riuscite a raggiungere, combinate ad una sempre maggiore indipendenza derivata dalle nuove competenze acquisite. Fra le proposte, anche varie attività di cucina, che hanno permesso la realizzazione della cena di solidarietà e accoglienza dal nome “Semi di Speranza: Coltiviamo insieme un futuro di accoglienza”, tenutasi nel cortile della parrocchia di San Francesco lo scorso 23 maggio, nell’ambito della Sagra della Madonna della Rosa. Un momento unico per entrare in sintonia con le diverse culture delle partecipanti ai laboratori, attraverso la condivisione del cibo. Suor Nora Bershimi è stata fra i curatori del progetto, affiancando le attività laboratoriali e le utenti durante questi mesi.
Suor Nora, dove nasce l’idea e lo sviluppo dei laboratori proposti dall’associazione “La Tenda”?
Nasce dall’incontro con alcune famiglie che seguivamo come Caritas parrocchiale che vedevamo in difficoltà nel trovare lavoro. Ciò era dovuto alla mancanza di competenze di base oppure ad un’organizzazione familiare che rendeva difficoltoso, se non impossibile, l’adeguarsi ad orari di lavoro. Il laboratorio “La Tenda” è riuscito a sopperire a queste difficoltà e mancanze, andando incontro alle esigenze delle famiglie.
Che finalità ha l’iniziativa? Che tipo di attività si organizzano?
Il laboratorio ha proposto tantissime attività differenti, fra cui alcune di cucito, altre di cucina, di stiro o di pulizie. Mentre le finalità si possono sintetizzare in tre punti: dare la possibilità di sognare, socializzare e di creare condivisione. La possibilità di sognare è garantita dall’apprendimento di competenze che in futuro possano diventare utili per trovare finalmente un lavoro. In questo modo i sogni che queste donne hanno per le loro famiglie, piccoli o grandi che siano, possono essere raggiunti e diventare realtà. La dimensione della socializzazione permette di incontrare persone e creare rete all’insegna della condivisione, terzo punto fondamentale delle finalità del laboratorio. In questo senso, spesso l’incontro e la condivisione sono diventati opportunità di mutuo aiuto, sbocciato nella possibilità per queste donne di tornare ad essere visibili per la società, donando le proprie energie e competenze attraverso il lavoro reale ed onesto. Questo sempre in un’ottica per il bene proprio, della loro famiglia, della comunità e della società che abitano.
Che importanza ha l’8×1000 per la realizzazione di questo progetto?
L’8×1000 è, ed è stato, lo strumento economico fondamentale che ha agito come scintilla dei sogni di tante persone. È naturale che per iniziare certi progetti è importante la dimensione economica. Da soli e senza aiuti risulta più difficile realizzare i desideri di chi addirittura fatica ad immaginare di sognare. Senza dubbio questo laboratorio, come tante altre realtà, non sarebbe mai nato, o comunque non avrebbe mai avuto continuità, senza l’aiuto e il supporto economico di uno strumento prezioso come quello dell’8×1000.
Quali sono stati gli aspetti più significativi della cena solidale?
Siamo giunti alla terza edizione della cena di solidarietà nella nostra parrocchia. La cosa che ogni volta mi colpisce maggiormente è l’impegno e la gioia tangibile che le donne coinvolte mettono nella preparazione dei cibi tipici delle proprie culture di provenienza. È sempre bellissimo constatare la cura nella scelta del piatto da proporre e nel reperimento degli ingredienti, sempre abbinata ad un pensiero per il gusto di chi consumerà quel piatto. Per esempio, nella preparazione del cous cous hanno dosato diversamente il piccante per rendere il piatto più gradevole ai commensali. Quest’anno, oltre al cous cous, si è preparato anche il burek, pietanza tradizionale albanese. La cena è stata realizzata con cura e dedizione dalle partecipanti al laboratorio, provenienti da Italia, Marocco, Albania e Sud America. Ognuna di loro ha dato il suo contributo a proprio modo e secondo il proprio talento: chi in prima linea come chef, chi nella preparazione e chi nel reperimento degli ingredienti.