Il buon samaritano ci insegna
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Il 14 luglio la Chiesa fa memoria liturgica di San Camillo de Lellis. Tutti rammentano il Santo come il fondatore dei Camilliani, ordine religioso che ha come carisma l’attenzione verso i malati. Quest’anno, il giorno precedente al 14 luglio era domenica e il Vangelo proclamato alla Santa Messa è stato quello che narra le vicende del “buon samaritano”. Il fatto non può passare inosservato in quanto c’è un legame stretto tra la cura del malato e la parabola evangelica narrata da San Luca. La parabola può essere veramente il paradigma di quello che si deve fare per assistere ad una persona in grave difficoltà, soprattutto, in un particolare che per me rimane sempre di fondamentale importanza: il buon samaritano non solo cura ma “si prende cura”. La dinamica del caricare l’uomo ferito sulla sua cavalcatura, portarlo in un albergo, pagare l’albergatore con la preghiera che si prodighi per il poveretto senza temere di nulla perché verrà risarcito del disturbo, è la dinamica giusta del farsi carico di un malcapitato. Questa è la vera pastorale della salute: il prendersi cura, non solo un’azione puntuale nel somministrare una medicina, nel fare un servizio, nell’andare a trovare un ammalato o un anziano, ma, farsene carico nei diversi aspetti. Nei suoi scritti San Camillo de Lellis spiega cosa significa prendersi cura dell’ammalato e, uno dei concetti importanti, è senz’altro quello di un’attenzione alla cura integrale della persona. La persona non è costituita solo da un corpo che funziona più o meno ma è dotata di psiche, di Spirito, ha una sua religiosità, una sua sensibilità e tutto questo va preso in considerazione. Questo manca oggi nella formazione di un sanitario, come molto spesso manca nella forma mentis di una persona che, per conto proprio o per conto di qualcun altro o di qualche istituzione, ha un qualsiasi tipo di rapporto con una persona che in quel momento ha delle difficoltà. Noi spesso ci concentriamo su un momento e questo diventa quasi l’appagamento del dovere di farsi prossimo… in realtà questa modalità è incompleta. Occorre avere sempre presente la dinamica del prendersi cura che è molto più estesa e articolata della semplice cura. Tutti lo devono tener presente e tutti devono monitorare le proprie scelte, anche quelle più virtuose, perché non siano solo ed esclusivamente azioni buone che iniziano e finiscono al momento ma azioni che danno il via ad una serie di opzioni tali per cui si accompagna la persona in difficoltà finché questa non trovi un suo equilibrio e una risoluzione al problema.