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Attualità, Chiesa, Editoriali, Il Settimanale
Pubblicato il Luglio 30, 2025
Editoriale

È il tempo dell’ospitalità

Nel pieno dell’estate il valore di una pausa “inattiva” ma non oziosa

+ Erio Castellucci

“C’è un tempo per lavorare e un tempo per riposare”, si potrebbe dire, parafrasando la famosa pagina iniziale del libro del Qoelet. Così è stato per Dio, secondo la grande parabola della creazione nell’ancor più famosa pagina iniziale del libro della Genesi: sei giorni di lavoro e il settimo di riposo. Il ritmo di Dio, il ritmo dell’uomo e il ritmo della natura, comportano alternanze tra lavoro e riposo, attività e sospensione, guadagno e gratuità, realizzazione e attesa. Il riposo che succede al lavoro non è ozio, ma respiro; il lavoro che succede al riposo non è stress, ma impegno.

Commentando la scena di Marta e Maria (Luca 10,3842), domenica 20 luglio, papa Leone ha offerto alcune pennellate sul senso di questo tempo di “ferie”: “Il tempo estivo può aiutarci a rallentare e a diventare più simili a Maria che a Marta. A volte non ci concediamo la parte migliore. Bisogna che viviamo un po’ di riposo, col desiderio di imparare di più l’arte dell’ospitalità. L’industria delle vacanze vuole venderci ogni genere di esperienza, ma forse non quello che cerchiamo. È gratuito, infatti, e non si può comprare ogni vero incontro: sia quello con Dio, sia quello con gli altri, sia quello con la natura. Occorre solo farsi ospiti: fare posto e anche chiederlo; accogliere e farsi accogliere. Abbiamo tanto da ricevere e non solo da dare”.

Non è, non deve essere tempo vuoto, quello della pausa estiva. Deve essere tempo che si riempie di ospitalità, perché si nutre di occasioni gratuite, distese, propense all’ascolto. L’espressione “staccare la spina”, che alcuni utilizzano per indicare l’interruzione del lavoro quotidiano, non rende il senso vero del riposo. Non si tratta semplicemente di liberarsi dalle attività; si tratta di recuperare il cuore delle attività, che è l’ascolto, l’ospitalità. Papa Leone confronta due espressioni che, efficacemente, indicano altrettanti modi di vivere il tempo delle ferie: “l’arte dell’ospitalità” e “l’industria delle vacanze”. Il tempo del riposo entra purtroppo nel meccanismo industriale, e finisce spesso per creare ancora più affanno, se non entra nella dimensione dell’ospitalità.

Ascolto del Signore, sedendo ai suoi piedi come Maria di Betania; ascolto dei fratelli e delle sorelle, ascolto della voce del creato. Il sabato ebraico e la domenica cristiana sono il paradigma delle ferie: lasciare fuori dalla porta del cuore per un po’ i calcoli produttivi, l’efficientismo e il pur legittimo guadagno economico; e fare entrare nelle stanze del cuore l’ossigeno del Vangelo, troppe volte trascurato o ascoltato frettolosamente; la ricchezza dell’incontro con gli altri, magari anche con quelli che sperimentano la solitudine; e la contemplazione della natura, la cui bellezza sfugge quando la consumiamo di corsa. In questo modo le ferie sono “inattive” ma non oziose, perché dense di senso, di relazioni, di dono. L’ospitalità del Signore, degli altri e del creato accende la festa: per questo il sabato e la domenica, dilatati negli anni giubilari, sono tempi festivi, che disegnano l’autentico spessore dei tempi quotidiani e feriali. Un’umanità che sa ospitare, festeggiare e ascoltare non perde tempo, energie e vita nel guerreggiare, nel distruggere, nell’annientare. Il dramma del nostro tempo, che ha riacceso l’assurdità tragica della guerra, è l’incapacità di ospitare: per cui “l’altro” diventa per ciò stesso “nemico”.

Anche questa estate per me è un dono: tanti incontri non funzionali, colloqui meno preoccupati di rientrare nei tempi degli appuntamenti, visite a centri estivi e campi scuola, partecipazione a convegni, celebrazioni in contesti naturali stupendi, spazi più dilatati di preghiera e meditazione, cammini preoccupati meno della meta e più della compagnia… so che, come per tutti, tornerà presto il tempo dei sei giorni, in cui il lavoro e l’efficienza riprendono il sopravvento sul settimo: ma sperimento che questo tempo di maggiore distensione e profondità farà bene anche alla ripresa dei ritmi abituali. Ricordando chi, purtroppo, non ha la possibilità di concedersi né il lavoro, perché non lo trova o l’ha perso, né le ferie, perché non se le può permettere. L’ospitalità di chi vive un periodo estivo di riposo non è tale, se non si fa attenta anche a questi fratelli e sorelle.

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