«Che bella partita, Betto». La nipote Chiara ricorda il sarto Benedetto Consorti
Benedetto Consorti, l’ultimo sarto di Carpi, Maestro accademico, titolo assegnatogli agli inizi degli anni Novanta dall’Accademia nazionale dei Sartori di Roma, si è spento il 20 luglio a 91 anni. Era originario di San Benedetto del Tronto, e a 14 anni ha iniziato a lavorare da un sarto del suo paese. Per amore di Maria Vaccari, nel 1959, ha scelto di venire a vivere a Carpi. Il ricordo affettuoso della prima nipote, Chiara Consorti.
Sai nonno, i miei ricordi insieme a te, iniziano quando la mia quotidianità di bambina mi vedeva tutti i giorni da Voi, ad allietare rumorosamente la vostra quotidianità. Nonna aveva 45 anni, tu 51, due genitori dei tempi attuali, invece eravate nonni: 8 nipoti e 4 pronipoti. Sono stata la prima nipote, e il “primo” è sempre un po’ il preferito. La tua immagine era mastodontica, eri un gigante. Non mi ha mai portata al parco. Ma tutti i venerdì sera, dalla prima elementare alla quinta liceo, mi hai fatto scoprire la tua Hollywood degli anni d’oro, raccontandomi di Tyrone Power, Clark Gable, Laurence Olivier, come grandi eroi, trasmettendomi il tuo amore per il cinema. Sei arrivato a Carpi, nel 1959, per la tua Sposa: eri lo straniero, l’uomo venuto dal mare, e hai sfidato una città nuova. Ma la tua ostinata determinazione ti ha permesso di mettere su famiglia e bottega, nonostante tutto e tutti. “Che lavoro vuoi fare da grande Chiara?”: nel tempo ti ho dato diverse risposte, ma tu mi invitavi alla costante attenzione all’obiettivo, alla schietta e concreta definizione di passione lavorativa. Credo che l’inclinazione per il mondo delle risorse umane, lo abbia seminato tu. Ricordo il tuo orgoglio nel vedermi laureata. Non abbiamo mai giocato a nessun gioco da tavolo. Abbiamo giocato a prendere sul serio il rispetto di chi hai davanti, che passa anche attraverso il tuo vestito. “Essere persone eleganti, non è sinonimo di leggerezza o di frivolezza”; “la cura che hai di te nel presentarti in un luogo, e in modo adeguato, è una forma di rispetto”.
L’11 dicembre 2010 ti ho accompagnato all’altare, abbiamo festeggiato le vostre nozze d’oro. Gli anni sono passati veloci. E tu sempre, cappello, cappotto, giacca, gilet, camicia e cravatta. Il 2014, anno del mio matrimonio, hai vestito tutti. Tranne me, ma è stato giusto così. Nel 2018, ti ho reso bisnonno con Ettore: quanto affetto, dolcezza gli hai riservato. Il più grande black-out, per te, per me, per tutti noi, è stato il 17 settembre 2020, giorno del mio 35° compleanno, quando Nonna Mima, ci ha salutati. Ha deciso di partire per aspettarti più avanti: lei faceva così. Preparava per tutti: la strada, un pasto, la merenda, dei panni stirati. La sua assenza ti è pesata infinitamente. Proprio a te Betto, così marmoreo nel declinare il tuo amore. E pur essendo un oratore nato, per i sentimenti eri l’uomo della concretezza piuttosto che delle parole. Questo tuo modo non convenzionale di declinare i sentimenti lo riconduco, a Regina, la tua mamma, che vedova nel 1939 con 5 figli, vi ha dovuto crescere senza troppe delicatezze. In questi giorni un po’ più bui, è arrivato l’ultimo tuo insegnamento: nonostante la partita possa sembrare finita, ora si può davvero parlare del bel gioco fatto! Che meravigliosa partita abbiamo giocato Betto! D’altra parte, del Milan di Marco Van Basten, Gullit e Rijkaard, si continua ancora a parlare: tu non sei da meno, sei il nostro pallone d’oro. “La vita può allontanarci, l’amore continuerà”.
La tua Chiara