Seminario di Modena e Carpi, il racconto della settimana comunitaria col vescovo Erio
Nel mese di luglio il seminario interdiocesano si è “trasferito” per una settimana a San Martino di Castrozza
Al termine della sessione d’esami e nel mezzo di campeggi e centri estivi parrocchiali, anche la nostra comunità del seminario sente il bisogno di ritirarsi qualche giorno per riposarsi e vivere la fraternità in un modo diverso dal solito. Ecco perché anche quest’anno a luglio il seminario interdiocesano si è “trasferito” per una settimana sulle dolomiti trentine orientali, più precisamente a San Martino di Castrozza. Sono ormai tre anni che questa splendida località ci ospita e ci offre un panorama mozzafiato sulle famose Pale di San Martino. La casa, moderna e spaziosa, è condotta in autogestione. Questa modalità ci permette di risparmiare qualcosa in termini economici e guadagnare in familiarità.
A questo proposito ogni anno viene invitata qualche coppia di sposi che, con la scusa di aiutarci in cucina, diventa per noi una preziosa testimonianza vocazionale e da questa esperienza si consolidano sempre belle amicizie. Anche il nostro vescovo Erio ci rallegra sempre con la sua presenza discreta e molto piacevole. Le lunghe camminate in mezzo alla natura sono sempre l’occasione per avere dialoghi più distesi, per chiacchierate ad ampio raggio che permettono di aggiornarci reciprocamente su come stiamo e su come procede il nostro cammino.
È stato molto interessante e provocante ascoltare i racconti del suo recente viaggio in Brasile, sulle orme di tanti sacerdoti e laici modenesi e carpigiani che hanno donato o donano ancora la vita al Signore in quella terra. Che cosa portiamo a casa da questa settimana di ritiro in montagna? Anzitutto il fatto stesso di tornare a casa contenti significa che ciascuno di noi ha trovato – almeno in parte – ciò di cui aveva bisogno. Dalla mia prospettiva posso dire che questo appuntamento estivo è importante e forse addirittura necessario, perché ci permette di prendere consapevolezza su un fatto.
Se l’anno in seminario si fa sempre molto ricco e incalzante, con tanti appuntamenti e tanti fronti aperti di formazione – col rischio di arrivare a fine anno “col fiatone” – basta una settimana come quella appena vissuta per riappropriarsi di un approccio più umano e contemplativo alla vita. In fondo, come abbiamo recentemente ascoltato nel vangelo domenicale del 20 luglio scorso (XVI del T.O. anno C), “di una cosa sola c’è bisogno”: scegliere la parte migliore, lasciare a Dio il primato della parola e uscire da sé stessi per mettersi in ascolto dell’Altro (cfr. Lc 10,42).
Pietro Garuti