Patriarchi Pizzaballa e Teofilo: sfollamento forzato da Gaza “una condanna a morte”
In una nota congiunta la Chiesa greco-ortodossa e quella latina di Gerusalemme esprimono la loro preoccupazione per le conseguenze dell’azione militare israeliana, degli “ordini di evacuazione” dalla Striscia: "Non può esserci futuro basato sulla prigionia", è necessario agire per porre fine a "questa guerra insensata e distruttiva"
18 luglio 2025: card. Pizzaballa e patriarca Teofilo III entrati a Gaza (Foto Lpj)
“Facciamo appello alla comunità internazionale affinché agisca per porre fine a questa guerra insensata e distruttiva, e affinché le persone scomparse e gli ostaggi israeliani possano tornare a casa”. Con queste parole, contenute in una dichiarazione congiunta pubblicata questa mattina, 26 agosto, il Patriarcato greco-ortodosso e il Patriarcato latino di Gerusalemme hanno chiesto la mediazione di altri Paesi per interrompere la “massiccia mobilitazione militare” delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nella Striscia di Gaza, restituire alle loro famiglie gli ostaggi israeliani, rapiti durante gli attentati dello scorso 7 ottobre, e riportare finalmente la pace nella regione.
Distruzione e morte
“La popolazione della città di Gaza – si legge ancora nella nota – dove vivono centinaia di migliaia di civili, e dove si trova la nostra comunità cristiana sarà evacuata e trasferita a sud della Striscia”. “Ordini di evacuazione” già emessi “per diversi quartieri della città di Gaza” e “pesanti bombardamenti”, che aggiungono “ulteriori distruzioni e morti in una situazione già drammatica prima dell’inizio dell’operazione”. Azioni che dimostrano, secondo i due Patriarcati, che “l’operazione non è solo una minaccia, ma una realtà già in fase di attuazione”.
Evacuare significherebbe morire
La dichiarazione ricorda inoltre come “il complesso greco-ortodosso di San Porfirio e quello latino della Sacra Famiglia” – colpita lo scorso 17 luglio da un raid israeliano che ha provocato tre morti, ferendo lievemente anche il parroco padre Gabriel Romanelli – siano stati “rifugio per centinaia di civili”, tra cui “anziani, donne e bambini” e “persone con disabilità”. Chi ha trovato riparo nelle due chiese porta già addosso le sofferenze di quasi undici mesi di conflitto, “molti sono indeboliti e malnutriti”, argomentano i Patriarcati, per loro, dunque, “cercare di fuggire verso sud equivarrebbe a una condanna a morte”.
Senza futuro
Nell’incertezza che sta per colpire non solo “la nostra comunità”, ma “l’intera popolazione”, la dichiarazione ribadisce che “non può esserci futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta. Non è questa la giusta via – si legge ancora nella nota – non vi è alcuna ragione che giustifichi lo sfollamento deliberato e forzato di civili”.
Vivere nella propria terra
Il Patriarcato Greco Ortodosso e il Patriarcato Latino di Gerusalemme citano infine le parole rivolte, durante l’udienza di sabato scorso, da Papa Leone XIV ad una delegazione dell’associazione Chagos Refugees Group, impegnata nella restituzione delle Isole Chagos alla Repubblica di Mauritius: “Tutti i popoli, anche i più piccoli e i più deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il diritto di vivere nelle proprie terre; e nessuno può costringerli a un esilio forzato”. Parole che condividono e di cui si fanno eco. Infine la preghiera perché i cuori si convertano, si cammini sui sentieri della giustizia e della vita “per Gaza e per tutta la Terra Santa”.
FONTE: VATICAN NEWS