Giornata di Avvenire in Diocesi di Carpi, il messaggio del vescovo Erio Castellucci
di Erio Castellucci, Vescovo
È impegnativo il compito che papa Leone XIV ha affidato ai rappresentanti dei media di tutto il mondo, prendendo spunto dall’invito di papa Francesco al disarmo delle parole: “una comunicazione disarmata e disarmante” (12 maggio 2025); un tassello di pace, a cui molti giornalisti e operatori si dedicano, rischiando talvolta la vita.
Il surriscaldamento del pianeta, in atto da decenni, oggi non riguarda solo la biosfera, ma investe anche la geopolitica. Alla crisi climatica, alla crisi sociale ed economica, alla recente crisi sanitaria, si aggiunge la tragedia delle guerre. I missili, i droni e le bombe che devastano interi territori e distruggono perfino scuole e ospedali, entrano anche nelle nostre case, creando un generale clima di sofferenza, incredulità, impotenza.
E le parole sono fiumi che travolgono. Miliardi e miliardi di parole, rimbalzate sui giornali e sui siti, travestite da slogans e luoghi comuni devastanti, veicolate da fake news lanciate spesso con toni arroganti e minacciosi, anche da coloro che hanno la responsabilità delle guerre e avrebbero il mandato di governare assicurando la pace. “La lingua è un fuoco”, come ha scritto San Giacomo (3,6) e dunque la bocca può diventare una mitragliatrice. “Le parole sono pietre”, ha scritto Carlo Levi, e dunque la bocca può trasformarsi in una catapulta.
Il fuoco può distruggere, purificare o illuminare e scaldare. Le pietre possono servire per uccidere, costruire dei muri o edificare dei ponti. Oggi nell’etere volano parole che rischiano di distruggere come un incendio, che rischiano di uccidere come una lapidazione. Sono le “parole ostili” che fanno di ogni erba un fascio, mirando a suscitare la rabbia repressa, ad ossigenare le paure ataviche, ad ingigantire i pericoli e a identificare l’altro con il male. Sono le parole che rimbalzano di bocca in bocca e addossano ai “nemici”, la responsabilità di tutti i disastri.
Quanti di quelli che sparano le loro parole come fuoco e le scagliano come pietre, anche dal nobile pulpito dell’Assemblea delle Nazioni Unite, si rendono conto delle conseguenze delle loro parole? Quando non ci sono argomenti con cui portare avanti le proprie idee, le parole escono come pallottole: sfogarsi contro qualcuno, in fondo, è la soluzione più comoda e rassicurante. Ma il fuoco può anche purificare e le pietre possono edificare. Il fuoco purifica i cibi dai batteri e le pietre innalzano i muri delle case. Purificare da chi? Difendersi da chi? Non certo dalle vittime, ma dai carnefici. Le parole dure, sdegnate, ci vogliono: ma vanno lanciate contro i responsabili del terrorismo e delle guerre, non vanno scagliate contro intere popolazioni.
Forse mai come oggi, nell’era dell’informazione globale, chi vi opera ha la responsabilità di contrastare le manipolazioni, smascherare le falsità anche a costo di diventare bersaglio degli haters, e di trasformare in notizie-bomba le buone pratiche e le idee che fomentano la fraternità. “Avvenire” si è assunto da tempo questo compito, insieme a “Notizie”, agli altri giornali diocesani e a tante piattaforme digitali, che spandono il buon profumo del bene: è un prezioso contributo alla pace.