Cristiani perseguitati, non sarà genocidio ma una strage continua
In punta di spillo, rubrica a cura di Bruno Fasani
Dirigere un’emittente cattolica non è soltanto una fatica aziendale. Da cristiano, dico che è anche un’opportunità, quella di avvicinare la figura del Papa, cogliendone indicazioni e richiami, che quasi sempre non vengono ripresi dalla stragrande maggioranza dei media. Non vuole essere una provocazione e tanto meno un atto d’accusa, ma quanti sono, anche tra i preti, coloro che leggono realmente i documenti del magistero? E quanti, anche nel mondo cattolico, quelli che finiscono per incanalare il proprio giudizio sulla Chiesa condizionati dalle letture che ne fanno i media, quasi sempre di tipo sociologico e di costume? Pensavo a tutto questo quando nei giorni scorsi Papa Leone XIV ha ricevuto alcuni membri di “Aiuto alla Chiesa che soffre”. In quella circostanza si è voluto mettere a fuoco quanto accade in Mozambico, nella più totale indifferenza del mondo. Dopo Sudan, Nigeria e tanti altri Stati, (il Mozambico viene considerato solo 37° per indice di pericolosità per i cristiani) nel Paese sudorientale dell’Africa si sta assistendo ad una delle più gravi persecuzioni dei cristiani che si ricordi. Nel solo mese di settembre ne sono stati decapitati trenta. Esecuzioni sommarie da parte dell’autoproclamatasi Provincia islamica del Mozambico, operante soprattutto nella parte Nord del Paese. Si conta che negli ultimi anni i morti siano più di 6000 e due milioni e mezzo gli sfollati che scappano per finire, spesso, vittime di colera e malaria. Miliziani spietati che, brandendo le bandiere nere del Califfato islamico, di chiara matrice religiosa, filmano le loro esecuzioni per seminare il terrore, violentano donne e minori, bruciano chiese e case dei cristiani, portando con se parte della popolazione come ostaggio da opporre ad eventuali attacchi della Guardia nazionale. Penso a questi fratelli per i quali non ci sono barche che salpano, bandiere nelle piazze, comizi sindacali e partitici, Ong che corrono a rivendicare il rispetto dei diritti, teatri parrocchiali dove se ne parla per risvegliare le coscienze… E la tentazione all’indignazione e alla polemica si risveglia e monta diventando fumantina. Verrebbe da battere i pugni sul tavolo e imprecare. Ma perché il Papa non alza la voce? Perché non mobilita le sue divisioni, come ebbe a dire con sarcasmo Stalin, durante i colloqui di Yalta parlando del Vaticano? E invece niente di tutto questo, perché Papa Leone XIV ha fatto esattamente Leone XIV, ossia un Papa che non alza la voce, che non attira su di sé le luci della ribalta, fedele alla sua concezione del papato che è quella stessa di Giovanni il Battista, ossia diminuire se stesso perché cresca e si imponga la figura del Cristo. Si è limitato a ribadire con la forza della sua compostezza che “la libertà religiosa non è un diritto legale o un privilegio concesso dai governi. Il diritto a tale libertà non è facoltativo, ma essenziale. Radicata nella dignità della persona umana, creata a immagine di Dio e dotata di ragione e libero arbitrio, la libertà religiosa consente agli individui di cercare la verità, di viverla liberamente e di testimoniarla apertamente”. Se l’Onu esiste e la signora Albanese anche, battano un colpo.