Vera
Etica della vita
Pubblicato il Novembre 7, 2025

Vera civiltà o qualcosa di altro?

Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon

La Sardegna, dal mese scorso, è la seconda Regione, dopo la Toscana, ad avere una legge sul fine vita, anche se il termine “legge” è molto discusso per diverse ragioni. Il documento approvato in Sardegna garantisce l’assistenza sanitaria gratuita a chi, affetto da patologia irreversibile e dipendente da trattamenti vitali, sceglie autonomamente e consapevolmente di accedere al suicidio medicalmente assistito; le condizioni dovranno essere verificate da una commissione multidisciplinare e dal Comitato etico territorialmente competente. Fino a qui non c’è niente di nuovo sotto il sole in quanto è ciò che prevede la sentenza della Consulta e le linee guida del Comitato Nazionale di Bioetica.

Le motivazioni che hanno portato a questo documento sono tante e tutte convergenti all’interesse dei pazienti, per dare loro dignità e rispetto delle loro scelte. Peccato che le leggi le faccia il Parlamento e ci sia una cecità assoluta in merito alle strategie proposte dalla equilibrata legge 219 sulle disposizioni anticipate di trattamento che prevede una sedazione e un accompagnamento del paziente. Dimenticando la 219 si dimostra una grave miopia rispetto alla considerazione del percorso palliativo. L’approccio palliativo non dà la morte a nessuno e nemmeno impone certi percorsi o certe scelte: il malato è libero di decidere e il medico deve interagire con la libertà dell’ammalato e le sue disposizioni, qualora fossero anche la sospensione dei trattamenti e l’instaurazione di un regime di sedazione palliativa profonda, quando si ravvisano le condizioni e ci sia una richiesta del paziente.

In questo contesto non ha ragion d’essere il suicidio assistito che rimane una bandiera per condurci tutti all’eutanasia. A gran voce si urla che questo tipo di documento sia una “legge di civiltà”, in realtà, la civiltà non è dare la morte ma accompagnare le persone che non possono e non vogliono più vivere in un contesto di drammatica ingravescenza delle condizioni di salute. L’accompagnamento della medicina palliativa, con anche una sedazione profonda, nelle condizioni adeguate, è una scelta di civiltà ma la civiltà non può essere chiedere e dare la morte liberamente: questo non è un discorso che prende il via dalla sensibilità cristiana ma è un concetto che preserva l’uomo dal decadimento esistenziale. Auspichiamo che al più presto il Parlamento prenda in mano ancora una volta il problema del fine vita facendosi illuminare dalla sapienza della legge 219 che non dà la morte ma accompagna chi non sopporta più di vivere.

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