Lutto. Gabriella Colla in Luccitelli: “Sarà tutto luce su luce”
La famiglia, il servizio, l’accoglienza e la malattia nel ricordo del marito Luca
Gabriella Colla in Luccitelli
Lo scorso 11 dicembre nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Carpi una comunità numerosa e commossa si è stretta ai familiari di Gabriella Colla in Luccitelli per la celebrazione eucaristica delle esequie presieduta da don Carlo Bellini insieme ad altri sacerdoti. Presenti tanti amici della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui Luca Luccitelli è capo ufficio stampa.
Ringraziamo l’amico e collega Luca per aver condiviso con i lettori di Notizie il ricordo di Gabriella, una testimonianza di fede e di amore coniugale e familiare vissuto in pienezza, ogni istante, compresa la malattia e il momento doloroso del distacco. Il vescovo Erio conclude il messaggio di Natale con un pensiero che ci aiuta a comprendere questo grande mistero: “Al centro della scena, Maria depone Gesù nella mangiatoia. Con una particolarità che salta all’occhio: la mangiatoia ha la forma di una tomba marmorea. Gesù che nasce assume la nostra condizione umana per condividerla completamente, fino alla morte. Ma il sepolcro non riesce ad inghiottire il Figlio di Dio. La culla vincerà sulla tomba, ed è la tomba che si trasformerà in culla”.
Luca Luccitelli
«Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco io aggiungerò ai tuoi giorni quindici anni». Quel giorno di luglio dell’anno scorso, quando arrivarono le analisi del sangue di Gabri in cui i valori dei marcatori mostravano in modo inequivocabile la presenza di un tumore, presi in mano la parola del giorno e trovai questo brano del profeta Isaia. Lì per lì mi rincuorò, stavo ringraziando il Signore per questa nuova speranza, quando mi venne in mente che erano passati esattamente quindici anni da quando Gabri aveva avuto il tumore al seno. Lo avevamo scoperto quasi per caso, mentre nostra figlia Emma le prese contro il seno destro procurandole un forte dolore. Si trattava di un nodulo che si rivelò poi benigno, ma durante gli accertamenti scoprimmo un tumore che si annidava in quello sinistro. Gabri, anche contro il parere dei medici, volle togliere tutto. Ed ebbe ragione: il tumore era estremamente aggressivo e stava progredendo rapidamente. La tempestività e la risolutezza le permisero di guarire. E di crescere le nostre figlie che allora avevano tre e cinque anni. Il Signore, di fronte alle lacrime e alle preghiere, aveva concesso un tempo supplementare. I quindici anni erano già passati.
Eravamo arrivati a Carpi da poco più di un anno, dopo aver vissuto nel riminese. Don Oreste Benzi, dopo aver celebrato il nostro matrimonio a Bologna nel 2003 per la festa dei santi Pietro e Paolo – Gabri, modenese, era rimasta a vivere a Bologna dopo aver conseguito la laurea in scienze dell’educazione –, ci chiese di andare a Rimini per essere vicini a Operazione Colomba, il corpo di pace della Papa Giovanni XXIII, cui eravamo entrambi legati. L’idea era di andare a vivere in Israele ma dopo due mesi Gabri rimase incinta e dovemmo accantonare l’idea missionaria. Dopo che nacque nostra figlia Anna e stavamo ipotizzando di partire in missione per il Cile, ci arrivò la proposta di aprire la nostra casa all’accoglienza. E così in un sol colpo arrivarono due fratelli adolescenti, Andrea e Cristian. Da allora la nostra famiglia si aprì ad una dozzina di figli rigenerati nell’amore, alcuni per mesi, altri per anni. Vivemmo per quattro anni a Mercatino Conca, un piccolo paese nel Montefeltro, al confine tra Rimini, Urbino e la Repubblica di San Marino. Qui aprimmo la Casa della pace, una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII destinata ai volontari in partenza per le missioni e per le zone di guerra. In un appartamento sopra vivevamo noi e in quello sotto i volontari. Fu una vera esperienza missionaria, immersi in verdi colline ma lontani dai nostri affetti. Finché nel 2008 decidemmo di tornare a casa e ci stabilimmo a Fossoli di Carpi. Non conoscevamo nessuno fintanto che don Antonio Dotti, allora parroco a San Marino, ci reclutò come catechisti e ci introdusse ai gruppi di catechesi dell’Azione Cattolica, conoscendo famiglie con le quali nacque l’amicizia. Gabri, ancor prima che ci trasferissimo, aveva trovato lavoro a Modena presso il Cup dell’Asl. Nel 2012 comprammo casa, sempre a Fossoli, ma dopo quattro mesi arrivò il terremoto che ci rese sfollati per la casa inagibile. Frattanto il giorno di Santa Rita di quell’anno, una settimana prima del sisma, accogliemmo Rita, una bimba di tre anni di origine africana con una grave disabilità mentale. Passammo l’estate a Bologna, ospiti di una casa famiglia della Giovanni XXIII, per poi tornare in affitto a Fossoli in attesa che ristrutturassero la nostra abitazione. Ma il Signore aveva altre idee. Nel 2013 il Vescovo Cavina ci propose di andare a vivere in canonica a Sant’Antonio in Mercadello, piccolo paese della bassa dove c’era stato uno degli epicentri del sisma. Dovevamo cooperare all’animazione della piccola comunità parrocchiale nel frattempo rimasta senza prete. Qui gestivamo il dopo-scuola quotidiano, il catechismo e il centro estivo. Gabri seguiva in particolare i poveri, li ascoltava, li andava a trovare a casa, li accompagnava in ospedale. In questo la aiutò il percorso da counselor che aveva intrapreso, durato quattro anni, in cui si era messa a nudo, scavando dentro di sé, dentro le sue ferite, per poterle accettare. Un percorso doloroso che le donò una nuova consapevolezza di sé e che le permise di poter ascoltare in profondità chiunque avesse di fronte per mettersi al suo fianco nel cercare soluzioni ai problemi. In estate si inventò anche il “cinema sotto le stelle” proiettando film all’aperto sulla parete esterna del vecchio teatrino. Organizzava cene con grandi tavolate sulla strada in modo che tutti potessero partecipare, sempre con un fare risoluto, gentile e premuroso. E soprattutto con un immenso sorriso che abbatteva ogni timidezza. Dopo sei anni ritornammo a Fossoli. Gabriella lavorò per un anno con persone psichiatriche a Modena con l’associazione Insieme a noi. Poi tornò a fare l’educatrice, prima come coordinatrice pedagogica alla scuola della Madonnina a Modena, poi lavorando in una scuola d’infanzia a Borgoforte nel mantovano.
Infine, è arrivata la malattia, come una passione dolorosa. Dopo mesi di cure, a fine maggio Gabri fu ricoverata in terapia intensiva per uno shock settico causato da una polmonite bilaterale. I medici le davano poche ore. Le preghiere che immediatamente chiesi a tutti e che si elevarono al Cielo quel giorno sospesero la situazione: Gabri si riprese, tornò a casa e continuò le cure. Qui fu presa in carico dal servizio di cure palliative con l’assistenza domiciliare degli infermieri e dei medici. Un servizio prezioso con persone specializzate che con premura l’hanno accompagnata sempre, evitando ulteriori ricoveri in ospedale. Gabri ha affrontato la malattia con consapevolezza, mai disperata. Volle sapere cosa era successo quella notte in terapia intensiva. Le dissi tutto, mi rispose «sono pronta». A fine agosto riuscimmo ad andare anche una settimana al mare con le nostre tre figlie, Anna, Emma e la piccola Veronica di sette anni. Nelle ultime settimane, mentre la situazione degradava inesorabilmente, Gabri riceveva regolarmente la comunione ed infine anche l’unzione degli infermi. Abbiamo sempre pregato e fino alla fine ho chiesto a quante più persone di pregare per Gabri, per la sua guarigione e per accettare la volontà del Signore, che per noi rimane un mistero. Infine, all’alba, dopo la festa dell’Immacolata Concezione, Gabri è nata al Cielo, nel sonno. Si vede che, dopo tanto dolore come quello che le ha provocato il tumore alle ossa, la Madonna si è unita alle nostre preghiere nell’ora della sua morte. Sono certo che Gabri è nella Luce – don Oreste, che aveva il dono della lettura dei cuori, la prima volta che la vide le disse “Gabriella, vedrai che sarà tutto luce su luce” –, eppure questa umanità fa tanto soffrire. Mi chiedo se è così forte un amore umano e imperfetto, che è stato pieno di litigate e incomprensioni, cosa mai potrà essere quello che vivremo nella perfezione. Per questo, quel giorno di agosto dello scorso anno, mentre aspettavamo, come una sentenza, l’esito degli esami istologici, ho inciso nel mio cuore le parole del profeta Geremia che trovai, ancora una volta, nella lettura del giorno. «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele».




