Natale
Attualità, Chiesa
Pubblicato il Dicembre 20, 2025

Natale 2025, il messaggio del vescovo Castellucci

“E lo depose nella mangiatoia” (Luca 2,7)

Un bimbo, quando nasce, sembra del tutto passivo: necessita di ogni cosa, è inerme e capace solo di piangere e dimenarsi, deve affidarsi alle mani degli adulti per il cibo, la pulizia, le cure. Rispetto ad altri mammiferi, l’essere umano nasce incompiuto: non riesce a camminare, a procurarsi da mangiare, a gestirsi in alcun modo. Ciascuno di noi parla dei primi tempi della propria vita usando i verbi alla forma passiva: sono stato concepito, atteso, partorito, allattato, amato, sopportato, viziato, educato, e così via. “Sono stato”: un soggetto diverso da me ha trattato il mio corpo, la mia mente, il mio cuore. Anche il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha sperimentato la passività: è stato concepito, messo al mondo da Maria, da lei avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. È preziosa, questa passività originaria dell’essere umano, perché incide nella sua carne il bisogno della relazione; è lì, come un tatuaggio affettivo e spirituale, a ricordargli per sempre la dipendenza e il limite dell’io. L’esigenza di altre braccia, altre menti e altri cuori segna l’intera sua esistenza.

Il corpo del neonato è il simbolo più potente della fragilità umana. Un bimbo che nasce, a pensarci bene, non è però solamente passivo, perché genera relazioni nuove. Già prima, quando alloggiava nel grembo della madre, come una calamita attirava a sé le attese, gli sguardi, i desideri di chi lo aspettava. Genitori, nonni, fratelli e amici si informavano e fantasticavano sulla sua venuta. Una volta spuntato dal grembo, la nuova creatura innesca, in chi lo accoglie la meraviglia per il miracolo della vita; suscita una tenerezza che estrae dal cuore degli adulti i sentimenti più belli; stringe e solidifica i legami tra coloro che si affacciano sulla sua culla. Un bimbo piccolo, con la sua sola presenza, cura le ferite dei grandi e attiva le parti migliori del loro cuore. La sua nascita può perfino arricchire la posizione sociale degli adulti: il primo figlio trasforma la coppia che l’ha generato in un papà e una mamma; il secondo figlio trasforma il primo in un fratello o una sorella; e, in virtù del nuovo nato, alcuni diventano zii, altri nonni, altri cugini. Una rete di relazioni si intesse e si rafforza attorno al bimbo che viene alla luce. Così la nascita di Gesù, per quanto povera e umile, annunciò gloria in cielo e pace sulla terra, nobilitando l’animo dei rudi pastori e avviando il cammino dei sapienti orientali.

In un momento storico di particolare angoscia per lo straripamento di guerre e conflitti in tutto il mondo, è grande la tentazione di lasciarsi travolgere dagli orizzonti di morte e trascurare il mistero della nascita. Tra tanti segni di morte la vita, indomabile, pervade la terra e si fa strada nei piccoli corpi dei neonati. Alle crudeli stragi di innocenti commesse quotidianamente dagli Erode di oggi, si oppongono le stupende natività regalate quotidianamente dalle Marie e dai Giuseppe di oggi. La generazione della vita fronteggia silenziosamente la rumorosa distruzione della morte. Per questo il bambino di Betlemme, nascendo, è più forte dei capi di Gerusalemme: e nascerà una seconda volta, risorgendo, quando i grandi, assetati di potere, cercheranno di soffocarlo nella morte.

A Roma, nell’abside di Santa Maria Maggiore, un bellissimo mosaico composto alla fine del sec. XIII da Jacopo Torriti, rappresenta una Natività ispirata al presepe di Arnolfo di Cambio. Al centro della scena, Maria depone Gesù nella mangiatoia. Con una particolarità che salta all’occhio: la mangiatoia ha la forma di una tomba marmorea. Gesù che nasce assume la nostra condizione umana per condividerla completamente, fino alla morte. Ma il sepolcro non riesce ad inghiottire il Figlio di Dio. La culla vincerà sulla tomba, ed è la tomba che si trasformerà in culla. Questo mi pare il messaggio più profondo del Natale.

+ Erio Castellucci

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di redazione@notiziecarpi.it 
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