Natale.
Attualità, Chiesa
Pubblicato il Dicembre 25, 2025

Natale. Gesù è la pace che si adagia nelle mangiatoie dei nostri cuori

La celebrazione della notte, Castellucci: “l’umiltà è lo stile dell’amore di Dio"

Don Massimo Dotti e il maestro Gianpaolo Violi con la Corale Savani

 

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”, è il messaggio risuonato nella Santa Notte di Natale per annunciare la nascita di Gesù. A Carpi in Cattedrale sono state due le celebrazioni della Notte, alle 22 e alle 24, la prima presieduta da don Tinu Thommassery, vicario parrocchiale, animata dalla Corale Savani, e la seconda presieduta dal vicario generale mons. Gildo Manicardi, con la Schola Cantorum. Al termine della messa don Tinu ha deposto il Bambino Gesù nel grande presepe sul sagrato della Cattedrale che da oggi ha cambiato scena rappresentando la nascita di Gesù e l’adorazione dei Magi come seconda tappa della Via Natalis.  Il vescovo Erio Castellucci, ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica della Notte di Natale in Duomo a Modena, questa mattina alle 9 celebrerà la messa per i detenuti e il personale del carcere di Sant’Anna a Modena e poi alle 10.45 sarà in Cattedrale per la messa del Giorno di Natale. Di seguito l’omelia di mons. Castellucci nella Notte di Natale.

 

Come un abile regista, che usi la tecnica dello zoom, Luca avvia il suo racconto con un’inquadratura molto ampia: Cesare Augusto ordina il censimento di “tutta la terra”. La ripresa fa leva sulla capitale dell’impero, Roma, e di lì l’evangelista invita noi lettori a guardare dall’alto l’intero mondo allora conosciuto, sottomesso in gran parte all’imperatore Ottaviano Augusto, che regnò per oltre quarant’anni. Poi la regia di Luca si concentra su un’area molto più piccola, la Siria, di cui era governatore Quirinio. All’epoca la Giudea apparteneva alla provincia di Siria. Ma la macchina da presa non si ferma nemmeno su questo territorio: Luca concentra l’obiettivo su una piccola cittadina della Giudea, abitata in gran parte da pastori: Betlemme. Questo è il villaggio in cui Maria dà alla luce Gesù: ben lontano dal centro dell’impero.

Non basta però nemmeno questa inquadratura così ridotta. L’evangelista punta la cinepresa su un particolare irrilevante e del tutto inaspettato: una mangiatoia. Al centro di tutta la scena, che comincia da Roma, sorvola la Siria e plana su Betlemme, c’è una stalla; anzi, nemmeno una stalla tutta intera, ma una piccola parte, la mangiatoia. È così importante per Luca questo luogo, che fa parte addirittura del solenne annuncio degli angeli ai pastori: “troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Luca poi ci riporta di nuovo in alto, puntando l’obiettivo dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande: “gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace”. Lo zoom è volato rapidamente dalla mangiatoia al cielo, dal luogo simbolo degli animali al luogo simbolo del divino.

In mezzo però c’è il corpo di un neonato, il figlio di Dio e di Maria, che con la sua sola presenza dà alla mangiatoia la dignità della volta celeste. Non poteva abbassarsi più di così: ed ha accettato la sfida della stalla per farci capire quanto e come ci ama. Gli angeli avevano annunciato ai pastori che Dio ama l’umanità: pace agli uomini, che Dio ama. E indicando come segno la mangiatoia – non una reggia, non un palazzo e nemmeno un albergo – avevano suggerito lo stile dell’amore di Dio: l’umiltà. Gesù passa inosservato ai potenti del mondo: né Cesare Augusto né Quirinio vengono a sapere di lui. Le prime tracce di Cristo nelle fonti romane compariranno più di un secolo dopo, nelle opere latine di Plinio, Svetonio e Tacito.

L’imperatore e il governatore l’avevano registrato nel censimento, e forse il nome di “Gesù figlio di Giuseppe” era stato scritto in qualche catalogo dell’amministrazione romana. Ma non è stato notato, è passato inosservato, come uno dei tanti. Questo è lo stile dell’amore di Dio. Si espande senza imporsi, si radica senza violenza, entra nell’animo senza forzarlo. Questa sarebbe la pace sulla terra, se accogliessimo il figlio di Dio neonato; pace troppo spesso rifiutata da chi abita i palazzi del potere ordinando le guerre. Questa è la pace, che si adagia nelle mangiatoie dei nostri cuori, ogni volta che facciamo spazio ai piccoli, ai fragili, a chiunque attende di essere accolto e amato.

+ Erio Castellucci

 

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