«Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 4 settembre 2022
Il vangelo di questa domenica è ancora un brano dell’evangelista Luca ambientato durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Gesù si accorge che una folla di persone cammina con lui, si volta e pronuncia parole molto esigenti sul discepolato. Chi segue Gesù deve amarlo più di quelli della sua famiglia. La nostra traduzione è ricalcata sul parallelo del vangelo di Matteo (Mt 10,37), in realtà il testo di Luca usa il verbo odiare e dice: “se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre….”. Dunque è un’espressione molto forte che vuole fare impressione ed essere ricordata. Naturalmente Gesù non insegna a odiare i propri parenti ma prende a riferimento i legami famigliari, che sono i più naturali e i più forti, per dire che il nostro rapporto con lui deve essere di una qualità ancora più alta. Al termine dell’elenco aggiunge che l’amore verso di Lui viene prima della vita stessa. In sostanza Gesù chiede di essere messo al primo posto con le esigenze del Regno di Dio e di relativizzare tutti i legami e le cose della vita.
Tutto per chi lo segue deve essere riorientato e inserito in una nuova scala di valori. In realtà è esperienza di chi prende sul serio il vangelo, che le altre cose della vita non perdono significato, ma trovano la loro giusta collocazione. Il cristiano ha uno sguardo sulla realtà che sa dare il giusto peso a tutte le cose della vita. Questo stesso senso di estrema decisione è ciò che esprime il detto sul portare la propria croce, inserito qui dopo che già era stato da Luca presentato in un altro punto del vangelo (Lc 9,23). Subito dopo Luca racconta due parabole che sono esclusive di questo vangelo e descrivono esempi di attenti calcolatori. Chi vuole costruire una torre deve valutare se ha i mezzi economici per finire il lavoro e se un re vuole fare una guerra, deve valutare bene le sue forze per non rischiare di essere sconfitto. Gesù vuole dire che se uno non e disposto a impegnare tutto quello che ha, non deve neanche cominciare a seguirlo; il prezzo da mettere in conto per sperimentare il Regno è l’adesione totale e niente di meno. Le mezze misure non fanno parte della vita cristiana.
Viene da pensare a quanto della nostra fede resiste solo per tradizione o perché la consideriamo la nostra cultura: per Gesù questo è poco. O meglio è un livello di coinvolgimento che non permette di sperimentare la forza della salvezza, è un non finire di costruire, un perdere la guerra. Le parole di Gesù non sono per niente rassicuranti, non vengono incontro al nostro desiderio di una vita facile. Ma è bene che ci turbino un po’ e che non cerchiamo di addolcire sempre il messaggio di Gesù. Così come non possiamo addolcire e neutralizzare troppo rapidamente l’ultimo versetto di questa domenica: “chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. L’attaccamento ai beni, alle cose, come alle persone, tiene il nostro cuore occupato e, per così dire, pieno e gli impedisce di essere riempito dall’amore di Dio. In fondo Gesù sta continuando a dire che solo chi rinuncia al proprio egoismo e si abbandona al Padre può davvero fare l’esperienza della fede. Altrimenti ritroverà sempre e solo se stesso.
Le richieste di Gesù possono apparire troppo radicali, troppo difficili. Sembra quasi che Gesù voglia metterci con le spalle al muro costringendoci a capire che i nostri sforzi e la nostra volontà non ci renderanno mai discepoli. Solo la grazia di Dio converte i cuori; solo per dono si diventa davvero discepoli e si scopre la forza che dona il perdere tutto. Il vero calcolo che il cristiano deve fare è quanto sia disposto a perdere perché il Signore diventi la sua unica forza. È bello ricordare in questo giorno i religiosi: suore, frati, monache, che sono per tutta la comunità segno speciale della radicalità che Gesù ci chiede.