Cure palliative precoci modenesi
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon.
Rimane ancora un tabù la morte dell’uomo ma la cosa che sorprende di più è che anche la medicina palliativa, per molte persone, medici compresi, rimane un tabù. L’accesso alle cure palliative, soprattutto a quelle precoci, migliora sensibilmente l’accettazione della morte e accompagna parenti e amici del morente in una elaborazione equilibrata di ciò che si sta vivendo. Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale The Oncologys, da professionisti dell’azienda USL di Modena, ha prodotto risultati molto soddisfacenti in questo ambito, particolarmente sul tema della comunicazione medicopaziente-parente o caregiver nel setting delle cure palliative precoci.
L’analisi ha rivelato, per esempio, che pazienti e operatori sanitari, in questo ambito, non hanno paura a parlare di morte e questo è di straordinaria importanza per il cammino che si fa insieme e per la corretta consapevolezza di tutti gli attori presenti nell’accompagnamento di un malato terminale. Superare questo tabù significa superare un ostacolo spesso insormontabile che condiziona tutti coloro che stanno vicino al paziente e il paziente stesso.
Concludo con le parole della dottoressa Elena Bandieri, oncologa, che firma questo studio: “In conclusione, questo studio dimostra come gli interventi di cure palliative precoci insieme a un’adeguata comunicazione medico-paziente, possono essere associati a una maggiore accettazione della morte nei pazienti con cancro avanzato e nei loro caregiver. Gli oncologi sono spesso preoccupati di parlare di morte con i loro pazienti, perché pensano che possa ostacolare la loro relazione, tuttavia le opinioni dei pazienti sul tema non erano state studiate a fondo.
Con questa ricerca auspichiamo di avere aperto una breccia sull’argomento, facendo riflettere sul fatto che parlare di morte non solo non è vietato, anzi, se inserito nell’approccio di cure palliative precoci e accompagnato da una buona comunicazione, può essere determinante nel migliorare la percezione e l’accettazione del fine vita”.