Ci vuole coraggio
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon.
Oggi sembra chi il “politicamente corretto” sia l’unico modo per esprimere concetti, invece, bisognerebbe avere il coraggio di dire la verità, per il bene delle persone, anche se quella verità risultasse cruda e, a volte, crudele; solo così si può esprimere qualcosa di importante senza rimanere nel “detto-non detto”. C’è una sorta di paura, di meschino e inutile rispetto nel dire ciò che potrebbe ferire ma che sarebbe utile per far crescere, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni. Per fare un esempio, in un documento del 1996 dei vescovi dell’Emilia Romagna, in modo molto chiaro e inequivocabile, si denuncia severamente il divertimento dei giovani vissuto nelle discoteche. I vescovi sono angosciati, non solo per la diseducatività di quell’ambiente ma, anche per tutti gli incidenti stradali che stroncano vite umane giovanissime all’uscita delle serate.
I presuli sottolineano come alla radice del successo di questo divertimento ci sia la cultura dello sballo, la mitizzazione della notte, l’abuso di alcol e droghe che non fanno altro che traviare lo stato mentale dei giovani e questo non si può accettare. Oggi, molti giornalisti, politici, sacerdoti… scrivono con un altro tono, più sommesso e attento a non pestare i piedi a nessuno. Il documento, al contrario, coraggiosamente parla di cultura dell’evasione, cultura edonistica e consumistica, di interessi economici, di sfruttamento, del principio del piacere che prevale su quello della realtà, di un contesto che fa regredire a livello infantile la persona. Aggiungono l’accentuazione del gusto per l’effimero, la concentrazione sul presente e sulle esperienze che danno una gratificazione immediata e di conseguenza l’aumento dell’incapacità di differire la gratificazione per impegnarsi sui progetti a lunga scadenza.
Si legge ancora della debolezza psicologica dei giovani che prolungano l’indefinito stato adolescenziale, rimandando l’assunzione di responsabilità, producendo così disimpegno e disinteresse generale. La sottolineatura finale è che non si vuole demonizzare la discoteca in quanto tale ma si ribadisce il concetto che per affrontare un luogo così promiscuo e pieno di insidie occorre solidità psichica. Abbiamo ancora il coraggio di dire queste cose? Di dire ciò che non è politicamente corretto ma che sgorga da un cuore e una mente che tiene veramente al benessere psicofisico dei giovani…questo è il linguaggio che fa pensare mentre l’ipocrisia, al contrario, ammazza la gente.