Ricordando
Attualità, Chiesa
Pubblicato il Ottobre 31, 2024

Ricordando i nostri cari defunti, intervista a don Carlo Bellini

Intervista a don Carlo Bellini, vicario episcopale per la pastorale e l’evangelizzazione, in occasione della solennità di Tutti i Santi e della commemorazione dei fedeli defunti

di Virginia Panzani

 

Don Carlo Bellini

 

“Sin dall’inizio i cristiani hanno desiderato che i loro defunti fossero oggetto delle preghiere e del ricordo della comunità cristiana. Le loro tombe divenivano luoghi di preghiera, della memoria e della riflessione. I fedeli defunti fanno parte della Chiesa, che crede alla comunione ‘di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa’”. In occasione delle ricorrenze del 1° e 2 novembre queste parole, tratte sia dall’Istruzione Ad resurgendum cum Christo sia dal Catechismo della Chiesa Cattolica, sono la cornice ideale per l’intervista rivolta a don Carlo Bellini, vicario episcopale della Diocesi di Carpi per la pastorale e l’evangelizzazione, in un luogo carico di significati quale il cimitero urbano di Carpi.

Don Carlo, perché la Chiesa dedica un giorno al ricordo di tutti i Santi, e il successivo al ricordo di tutti i morti? Qual è il legame che unisce queste due ricorrenze?

Entrambe hanno alla base una dottrina unica, fondamentale, della Chiesa che è quella della comunione dei Santi. Questo significa che gli uomini e le donne che hanno vissuto la loro vita in passato e quelli che vivono adesso sono sempre in comunione fra di loro. Una comunione che è radicata nell’amore di Dio, che tutto ha creato e che tutti ama. In altre parole, gli uomini e le donne che stanno realizzando la loro vita cercando di vivere santamente e coloro che l’hanno già compiuta raggiungendo una pienezza nell’umanità e nella santità sono legati fra di loro e noi li celebriamo in questi due giorni pensando all’obiettivo nostro. Che è quello di diventare santi ma anche di vivere la dimensione del ricordo, della memoria, e della riconoscenza verso quanti ci hanno preceduto.

Alcuni studiosi sostengono che nello sviluppo della civiltà umana abbia avuto un ruolo fondamentale l’inizio di una pratica che è prerogativa dell’uomo rispetto agli altri esseri viventi, ovvero la sepoltura dei morti e l’elaborazione/trasmissione di una loro memoria. Cosa possiamo dire al riguardo?

Il culto verso i nostri fratelli e sorelle defunti ha qualcosa di molto profondo. Sappiamo che l’uomo ha cominciato a prendersi cura dei propri morti fin dall’inizio della civilizzazione e ciò è legato alla capacità umana di avere memoria dei propri cari ma anche di creare simboli. I cimiteri sono luoghi dove i nostri defunti, secondo la fede cristiana, per così dire non ci sono, poiché per noi sono in cielo, sono presso il Padre, però le pietre, le lapidi, i nomi, le foto, i fiori, costituiscono tutti dei segni, dei simboli, che ci aiutano a ricordare, a rendere presente la memoria di queste persone. Dunque, il cimitero è un luogo all’interno della città paradossalmente pieno di presenze, perché gli esseri umani sono capaci di rendere significativa la memoria e di concretizzarla con gesti simbolici.

Perché il 2 novembre, dal punto di vista della fede e della speranza, non è da considerarsi un giorno di lutto?

Noi cristiani non soltanto facciamo memoria ma pensiamo ai nostri fratelli e sorelle che sono nel Signore, che vivono già il futuro dell’eternità. Noi siamo in attesa: speriamo in un futuro di cui non conosciamo nei particolari come sarà ma sarà presso il Signore, nelle Sue braccia. Allora la giornata del 2 novembre, la commemorazione dei defunti, se da una parte richiama la tristezza per i nostri cari che non ci sono più, dall’altra però ci invita ad una grande speranza. Noi ricordiamo coloro che sono in Dio e con cui nella comunione dei Santi e nella comunione con Lui possiamo ancora relazionarci.

Fra le opere di misericordia – che Papa Francesco più volte ha richiamato nel suo magistero – c’è quella di “seppellire i morti” e di “pregare per i vivi e per i morti”. Come si lega il tema della memoria a queste due opere?

Mi ha sempre impressionato notare che ci sono molte tombe ancora frequentate, di cui le persone si prendono cura con grande passione e con grande amore – è sempre stata una peculiarità delle nostre donne occuparsi delle tombe, pulirle, portare fiori – ma ci sono anche sepolture di cui nessuno si occupa, tombe di chi è morto tanto tempo fa. Penso che sia bello, quando preghiamo per i defunti, ricordarci anche di quei defunti dei quali nessuno più si ricorda. Qui nel cimitero di Carpi abbiamo tombe che risalgono anche all’800, antiche… Aggiungo che è bello anche ricordarci dei nostri sacerdoti che riposano nella cripta della chiesa di questo cimitero. Qui li ricordiamo con gratitudine nella preghiera per la loro vita e per il loro servizio donati alla nostra Diocesi di Carpi e alle nostre comunità.

Guarda la videointervista.

 

 

 

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