Questo
In cammino con la Parola
Pubblicato il Aprile 17, 2025

Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo

Commento al Vangelo di domenica 20 aprile, Pasqua di Risurrezione

Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Commento

A cura di Rosalba Manes consacrata ordo virginum e biblista

“Vide e credette”

Nel Vangelo della domenica di Pasqua, Giovanni ci fa respirare l’atmosfera dell’”ottavo giorno”, quello che segue il sabato e indica la nuova creazione inaugurata dalla risurrezione di Cristo. In qualità di lettori – mai semplicemente spettatori ma fortemente coinvolti nella trama narrativa – siamo invitati ad abitare quel giorno che è diventato per noi il primo di tutti i giorni, la prima di tutte le feste, il giorno del Signore (dies Domini), la domenica, preludio del riposo eterno, pregustazione del giorno ultimo senza tramonto. Giovanni descrive la grazia dell’ottavo giorno con due verbi: “vedere” e “credere”.

Il racconto parte da una tomba visitata di buon mattino che non è di certo una tomba qualunque, ma quella di una persona amata. Solo l’amore, infatti, sfida l’oscurità e i suoi pericoli e si fa preludio dell’alba nuova che sorge a illuminare la terra. È l’insegnamento che nel Primo Testamento ci offre la sposa del Cantico dei cantici, donna coraggiosa che affronta la notte alla ricerca del suo amato (cf. Ct 3,1-4). Così anche Maria di Magdala. È ancora buio, ma questa amica di Gesù, la discepola fedele che lo ha seguito fino alla Croce, si reca alla tomba e lì vede qualcosa di imprevisto: la pietra è stata tolta dal sepolcro. La vista di questo dettaglio inquietante la mette immediatamente in movimento. La sua indole intuitiva non la fa indugiare sbirciando all’interno del sepolcro ma la fa correre per raggiungere i due discepoli più vicini al Maestro: Simon Pietro e l’”altro discepolo, quello che Gesù amava”. La notizia che porta loro è piena di angoscia: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. La pietra ribaltata è per lei sinonimo del trafugamento del cadavere. Ora Maria sperimenta non solo il vuoto per la morte del Maestro, ma anche l’assenza di un corpo da circondare di venerazione. Non avere la possibilità di esprimere l’amore e la riconoscenza verso il suo Maestro, attraverso la memoria del suo corpo, è per lei una sofferenza più atroce della morte infamante che egli ha dovuto subire.

Di fronte alla notizia portata loro da Maria, Pietro e l’altro discepolo corrono al sepolcro per constatare il fatto. L’altro discepolo batte Pietro sul tempo e scopre un dettaglio ulteriore: vede i teli funerari deposti. Non entra però nel sepolcro, lascia che sia Pietro a farlo per primo. Questi si addentra nel mistero della morte di Cristo cogliendo un altro dettaglio ancora: il sudario. Il corpo non c’è più, ci sono solo gli “abiti della morte”. Quel segno è dunque ambivalente: si tratta di un furto o della vittoria sulla morte? Si può togliere la pietra dinanzi al sepolcro, ma la vita di Gesù nessuno la può togliere, nessuno la può prendere, perché è Lui che la dona e ha il potere di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,18). Restano i teli e il sudario, ma non il corpo. E i teli funerari con i quali era stato avvolto il corpo di Gesù sono svuotati del loro contenuto. Dinanzi a quel segno, nel cuore del discepolo amato si accende la speranza e quest’uomo, che solo tra i maschi della cerchia di Gesù ha perseverato nella sequela accompagnando il Maestro sul Golgota, vede e crede. Il segno ravviva la fede del discepolo amato. La morte ha agguantato il corpo del Maestro, ma non lo ha ingoiato. Ha trattenuto solo gli abiti funebri. C’è un’intuizione che dovrà divenire comprensione. Non basta vivere i momenti sacri, occorre comprenderli e dar loro il giusto nome. Dal “vedere” occorre passare al “sapere”, al lasciarsi abitare totalmente dalla verità che ha vinto il mondo: la presenza viva e operante di Cristo Risorto nella storia che fa nuove tutte le cose e che, se accolta, ci rende persone nuove e capaci di rinnovare i luoghi in cui viviamo e operiamo.

Cristo è risorto e dà la vita definitiva, cioè l’esistenza del cristiano è la vita da risorto. Noi molte volte corriamo il rischio di incontrarci con gli esempi di Cristo, non con Cristo che è vivente. È una cosa diversa, mi lascio emozionare dagli esempi di Gesù. No, invece, io voglio instaurare un rapporto personale con il Signore, camminare insieme a lui: «Signore, abbiamo gli stessi interessi, abbiamo le stesse idee, abbiamo lo stesso modo di vedere, abbiamo gli stessi criteri, abbiamo le stesse ansie! Signore, io e te, non mormoriamo del prossimo, non giudichiamo, non condanniamo». Il nostro uomo vecchio è già stato crocifisso: pensate che siete morti al peccato e dovete vivere per Dio in Gesù Cristo. Questa è la condizione del cristiano: è un risorto in Cristo e vive la vita nuova del risorto.

Don Oreste Benzi (Tratto da “Pane Quotidiano, Sempre Editore”)

L’opera d’arte

Jorge Alfonso, Apparizione di Cristo risorto alla Vergine (ca.1515), Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Questa tavola fa parte del “Polittico della Madre di Dio”, fatto realizzare dalla regina Eleonora del Portogallo a Jorge Alfonso, affermato maestro del Rinascimento portoghese. Il soggetto si ispira ad un episodio non riportato dai Vangeli, ma riconosciuto dalla tradizione: Cristo risorto apparve innanzitutto alla Madre. La composizione è divisa in due. A destra di chi osserva, in un interno, Gesù è in piedi, avvolto in un mantello rosso che gli lascia scoperti il busto e il braccio destro benedicente, davanti alla Vergine Maria, inginocchiata a mani giunte. L’incontro avviene in un vano inondato di luce da destra, che conduce attraverso un arco ad un cortile anch’esso illuminato, con una vetrata sullo sfondo. A sinistra, in un esterno dallo sfondo “incastellato”, sono raffigurati coloro che Cristo ha appena liberato nella sua discesa agli inferi, fra questi Adamo ed Eva e Giovanni Battista. Per l’intonazione complessiva, l’attenzione ai dettagli e alla resa dei diversi materiali esposti alla luce, l’opera mostra di ispirarsi alla coeva pittura fiamminga, che ampio seguito aveva presso la corte di Lisbona.

V.P.

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