Unitalsi di Carpi al Giubileo delle persone con disabilità
La Sottosezione Unitalsi di Carpi ha partecipato al Giubileo delle persone con disabilità il 28 e 29 aprile scorsi, insieme alla Cooperativa Nazareno e ad alcuni pellegrini carpigiani. Testimonianza di Marietta Di Sario
Da sinistra Paolo Carnevali (Unitalsi Carpi), don Emilio Mitidieri (Unitalsi Lucania), Marietta Di Sario
La Sottosezione Unitalsi di Carpi ha partecipato al Giubileo delle persone con disabilità il 28 e 29 aprile scorsi, insieme alla Cooperativa Nazareno e ad alcuni pellegrini carpigiani. Pubblichiamo di seguito la testimonianza di Marietta Di Sario dell’Unitalsi di Carpi.
La disabilità non porta via le emozioni, i sentimenti, la possibilità di comprendere che l’“essere” conta di più del “fare”.
La malattia non è una cosa buona, non è auspicabile, ma c’è, ed è ciò che chiamo l’imprevisto. Mi ha insegnato alcune cose importanti, su tutte quella di non dare mai nulla per scontato.
Penso a quando camminavo, alla normalità, penso di prendere un bicchiere d’acqua con le mie mani. La mia Vita era quella bellissima sensazione di correre con le mie gambe. Lo era, eccome. Ma non era solo quello. Ribadisco, l’Essere conta di più, più del fare, più del fare qualsiasi cosa fino a quando c’è ancora altro da fare.
Marietta è rimasta, con il suo amore per la vita, la sua ostinata avversione per la resa. La malattia mi ha lasciato la possibilità di potere vedere con un altro sguardo le persone e le cose. La Vita è una questione di sguardi. Ho cominciato un nuovo percorso, che mi rendesse utile. La Vita mi ha cambiato. Da malato ho scelto la Vita, per essere di aiuto e con gratitudine farmi aiutare, da tutti, da mia sorella, da mio cognato, da mio nipote, dai miei amici. Ho imparato a farmi aiutare per affrontare le piccole cose della quotidianità, ho imparato la consapevolezza del limite.
Chi è vittima di una malattia soffre, chi resta solo è disperato. Non la patologia, ma la solitudine fa sorgere il dubbio che la Vita non valga la pena di essere vissuta. Questo ho imparato: la malattia rende fragile il corpo; il venire meno dell’adeguato sostegno, la solitudine. È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale. Si tratta di un’offesa per tutti, ma in particolar modo per chi vive quelle determinate condizioni. Questa idea può aumentare la solitudine dei malati, delle persone disabili e delle loro famiglie.
Il giubileo della speranza è guardare con occhi nuovi e rinnovati al mondo della disabilità e questo può succedere se ciascuno di noi si impegna a ad entrare in questo mondo senza paura, senza pregiudizi, con la consapevolezza di essere figli dello stesso Padre.
Marietta Di Sario e la Sottosezione Unitalsi di Carpi
Roma 28-29 aprile 2025