Partecipare e non parteggiare. Dalle Settimane Sociali all’impegno politico quotidiano
di Edoardo Patriarca
Nei giorni scorsi si è svolto a Roma un incontro di formazione promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI per i referenti diocesani della formazione all’impegno sociopolitico, con un titolo piuttosto intrigante: “Partecipare e non parteggiare: la democrazia italiana dopo Trieste”. Sono stato invitato a portare la mia riflessione su quanto accaduto dopo la Settimana Sociale parlando di “una semina profonda dopo Trieste”. Ripropongo per punti la mia relazione, dando per acquisita la lettura del tempo attuale, ben approfondita a Trieste e nei tanti convegni che si susseguono quasi settimanalmente, con l’auspicio che possa aiutare a consolidare lo sforzo formativo delle nostre chiese locali anche nell’ambito dell’impegno sociopolitico.
Il primo quadrante: occorre tenere insieme il cielo e la terra, la fede e la vita. Da qui l’urgenza di una forma-azione sulla Dottrina sociale (D.S.) che porti alla comprensione profonda dei suoi fondamentali, e dall’altro alla pratica “incarnata” nella realtà viva delle persone e delle comunità, una realtà che va accolta e studiata con competenza. Dunque, conoscere i fondamentali per darci una griglia, una bussola che ci aiuti a discernere e comprendere il tempo, rifuggendo da schemi di lettura consumati e contrapposti. E incontrare la vita concreta per leggere, oltre le fatiche, il bene che comunque fiorisce, i legami e le relazioni positive, la premura per le fragilità come criterio di orientamento per costruire una società più giusta e solidale. A livello personale tutto si traduce in un habitus allenato a stare nella complessità, a collegare piuttosto che a contrapporre, a distinguere senza dividere, ad abitare le domande, a suscitare punti di vista diversi e a tentare una sintesi mai definitiva. Un habitus personale che si nutre di una spiritualità politica alimentata dalla preghiera e dalla pratica delle virtù la prudenza, la virtù del governare, del misurare i passi da compiere e valutare le risorse disponibili; la giustizia che ci ricorda ciò che spetta al prossimo per diritto e non per beneficenza; la fortezza, la costanza, la perseveranza nel promuovere il bene; la temperanza, l’equilibrio da ricercare tutti i giorni nell’uso dei propri beni e del potere che ci viene consegnato.
Un secondo quadrante è come segnare una presenza civile sociale ed economica. Anzitutto il metodo del discernimento come pratica quotidiana: lettura esigente e onesta della realtà, dialogo e confronto su tutto, coltivando pensieri plurali, allenarsi all’azione e alla presenza pubblica, facendo parlare anzitutto le esperienze e i protagonisti, agire da catalizzatori per innescare processi e opere nuove, fare massa critica per condizionare l’agenda politica del territorio individuando di volta in volta le “punte di cono” sui cui proporre un orientamento al futuro, attrezzarsi ai tempi pazienti perché il bene comune per fiorire ha bisogni di tempo, ravvivare in associazione e nelle reti la partecipazione democratica, ridare senso all’agire sociale, non solo prestazioni ma legami e relazioni di amicizia.
Terzo quadrante: come accompagnare e sostenere le vocazioni alla politica nelle istituzioni soprattutto locale e regionale. Alcune piste di lavoro. Dentro il pluralismo delle scelte e delle opzioni, costruire per quanto possibile un quadro di partenza condiviso che scelga i fondamentali della D.S. come linea guida per il discernimento comunitario, su tutti i temi della vita della città, non solo quelli che per conformismo sono ritenuti più “cattolici”. Una valutazione saggia e realistica delle risorse disponibili e delle difficoltà da affrontare, senza le quali la proposta si fa velleitaria, buona per una presa di posizione identitaria ma per nulla efficace e generativa. Mobilitare le competenze tecniche e trasversali perché la realtà per essere compresa e trasformata al bene comune ha bisogno di essere studiata con serietà. Valorizzare gli istituti di partecipazione per dare al principio di fraternità una struttura normativa come ce l’hanno libertà e uguaglianza. Attrezzarsi a gestire il conflitto – anche la polemica – senza mai interrompere una relazione fondata sul rispetto reciproco.
Il quarto quadrante è ancora da scrivere: la speranza va organizzata se vuole essere generatrice di opere durature ed efficaci, e contribuire a rianimare la politica. Non un partito ma un nuovo spartito come hanno scritto alcuni amici, una pagina tutta da scrivere.