Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto
Commento al Vangelo di domenica 27 luglio
Dal Vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Commento
A cura di Rosalba Manes consacrata ordo virginum e biblista
L’arte di pregare
Nella XVII domenica del Tempo Ordinario, Luca ci introduce nel grande mistero della preghiera. Gesù ha appena finito di pregare quando uno dei suoi discepoli gli chiede istruzioni al riguardo: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». E Gesù offre indicazioni preziose per i discepoli di ogni tempo. Pregare è entrare nell’intimità del Figlio, Gesù, con il Padre e sperimentare il sapore dell’amore reciproco e della profonda comunione in forza della quale il Figlio non desidera altro che ciò che vuole il Padre suo. Pregare è entrare nell’atmosfera della familiarità e della confidenza per rivolgersi a Dio chiamandolo «Padre». La porta d’ingresso della preghiera è un cuore filiale che sa riconoscere in Dio la propria radice, colui dal quale ha ricevuto il proprio nome, colui che si prende cura di ogni sua necessità e del quale potersi fidare ciecamente.
Pregare è respirare la santità divina e riconoscerla attraverso la lode per affermare il primato assoluto di Dio su ogni realtà terrena. Pregare è desiderare che Dio regni in ogni ambito della vita umana perché il mondo faccia spazio ai sentimenti di Dio e alla sua opera salvifica. Pregare è confi dare nell’intervento gratuito e provvidenziale di un padre che conosce i nostri bisogni materiali (simboleggiati dal dono del pane) e anche quelli più profondi e interiori, legati alla salute dello spirito (simboleggiati dal perdono dei peccati da chiedere a Dio e da offrire a quei fratelli che ci hanno ferito). Pregare è chiedere aiuto nel combattimento spirituale per affrontare le tentazioni del maligno non da sconfitti ma da «più che vincitori» (Rm 8,37), sull’esempio del Figlio che non alle lusinghe del potere ma si fa forte solo dell’amore del Padre.
Per accendere ulteriori luci sul tema della preghiera Gesù ricorre anche a un breve racconto con il quale desidera istruire i discepoli circa la forza e l’efficacia dell’intercessione presentando il caso di un uomo che si rivolge a un amico bussando alla sua porta nel cuore della notte per chiedergli il pane utile a sfamare un ospite inatteso. Gesù termina il racconto affermando che se anche quest’uomo non avesse voglia di alzarsi e rispondere alla richiesta, sarebbe costretto a cedere «almeno per l’invadenza» del suo amico. In tal modo Gesù descrive la preghiera come un’azione perseverante e costante, che non conosce atto di resa e battute d’arresto. La preghiera è un’azione impregnata di fiducia, animata dalla certezza che colui che viene interpellato non resterà impassibile, ma saprà essere un interlocutore credibile che prende sul serio ciò che gli è richiesto: «chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».
Gesù poi riprende la metafora del rapporto padre/figlio con la quale ha aperto la sua istruzione sulla preghiera e fa un paragone tra la qualità della paternità umana e quella della paternità divina. Se un padre terreno cerca di dare cose utili e buone ai propri figli, quanto più il Padre celeste che porta in sé i tratti superlativi della paternità. Se un padre terreno, così limitato e soggetto ad egoismo, è capace di una grande generosità verso i propri figli e, pur essendo cattivo, sa offrire loro cose buone, «quanto più il Padre del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono! ». La preghiera è dunque frutto del desiderio umano che anela all’incontro con il Padre e del desiderio che ha questo Padre di riversare nel cuore dei suoi figli lo Spirito che prega in noi, intercede e forgia in noi un cuore filiale, capace di docilità verso Dio e di generosità verso gli altri.
«Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete». Il Signore dice: «Il Padre vostro sa di che avete bisogno». Allora perché glielo devo chiedere? Perché non è importante quello che chiedi, ma è importante colui al quale tu chiedi. E la preghiera ha come scopo l’incontro con Dio, l’intima unione con lui. Nella prima lettura Abramo fa tutte quelle storie, ma in realtà non fa altro che appellarsi continuamente al Signore che è Padre. Non è tanto quello che gli chiede, ma è un mettersi sull’onda della paternità di Dio. Quando vai a pregare, ricordati che preghi uno che è comunione, che è amore, che è Padre e allora è impossibile, se tu preghi bene, che non porti nel cuore tutto il mondo intero e tutto il grido che c’è nel mondo. È impossibile pregare Dio e non essere universali, perché vuol dire che ti rapporti con un dio che non è Dio, non lo vedi nella sua pienezza. Egli è Padre e tu ti rapporti con lui che ama tanto il mondo.
Don Oreste Benzi (Tratto da “Pane Quotidiano, Sempre Editore”)
L’opera d’arte
Giovanni Bellini, Padre Eterno (1500-1505), Pesaro, Musei civici, Collezione Hercolani Rossini. Nel Vangelo di questa domenica, Gesù risponde alla richiesta dei discepoli di insegnare loro a pregare. E inizia così: “Quando pregate, dite: ‘Padre, sia santificato il tuo nome, …’”: il suo è un invito a rivolgersi, dunque, a Dio come ad un padre. Proprio in questo modo lo dipinge Giovanni Bellini, tra i più grandi interpreti della pittura italiana tra il ‘400 e il ‘500. Attribuita al periodo della maturità artistica del maestro veneziano, questa tela, di non grandi dimensioni, presenta una raffigurazione di Dio ben lontana dalla ieraticità e dalla regalità di tante altre opere coeve e non. Un padre, anziano, con una lunga barba, dal volto mite, che protende le braccia ad abbracciare, ad accogliere i figli. Mirabile, com’è tipico della poetica di Giovanni Bellini, l’uso del colore, espressivamente permeato dalla luce, in particolare nel rendere le vesti di Dio, il cui mantello – si noti l’intenso blu simbolo del cielo e della realtà divina – appare mosso dal vento. In movimento anche le nuvole allungate sullo sfondo, attraversate da un’atmosfera che sembra essere quella di un dorato tramonto.
V.P.