Trasparenza
Lo sportello di Notizie
Pubblicato il Ottobre 17, 2025

Trasparenza Salariale: di cosa si tratta?

“Lo sportello di Notizie”: l’avvocato giuslavorista Barbara Manferdini risponde alle domande dei lettori su questioni inerenti il vivere quotidiano

Mi rivolgo alla Redazione per avere delucidazioni in merito alla cosiddetta Trasparenza salariale di cui tanto si sente parlare. Grazie Lettera firmata Gentile Lettore, con la Direttiva 970 del 10 maggio 2023 l’Unione Europea prosegue sulla strada di eliminazione di ogni tipo di ostacolo alla realizzazione della Parità di Genere. Nello specifico, la Direttiva si focalizza sulla questione salariale e i divari che ancora caratterizzano il mercato del lavoro nei Paesi membri tra l’occupazione femminile e quella maschile. Gli Stati membri hanno tempo sino a giungo 2026 per recepire la Direttiva: tuttavia, seppur in assenza di una norma nazionale, gli impatti applicativi sulle imprese iniziano a prodursi già da ora in attesa di conoscere i termini e le modalità attraverso i quali, il nostro Paese, recepirà la Direttiva medesima.

Per comprendere la portata attuale dell’impianto normativo e gli scenari futuri, occorre esaminare i punti salienti della Direttiva che segnano già il percorso che le aziende dovranno seguire, in pratica, a partire dal prossimo gennaio 2026. Entrando nello specifico e procedendo schematicamente, la Direttiva, che si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati, prevede innanzitutto dei precisi obblighi cui questi dovranno adeguarsi. Le imprese dovranno organizzarsi per recepire l’“Adeguamento ai principi di Trasparenza Salariale”. Tutti i datori di lavoro saranno obbligati ad adeguarsi ai principi di Trasparenza Salariale attraverso i quali dovranno essere resi noti i criteri delle politiche retributive aziendali e ciò sia per il personale già in forza, sia nella fase di reclutamento e selezione di nuovo personale.

La Certificazione obbligatoria seguirà i seguenti criteri temporali: i datori di lavoro con un numero di dipendenti superiore a 250 avranno l’obbligo di Certificazione della Trasparenza Salariale entro il 07 giugno 2027 e, successivamente, ogni anno; quelli con un numero di dipendenti tra 150 e 249 entro il 07 giugno 2027 e, poi, ogni tre anni; quelli con un numero di dipendenti tra i 100 e 149 dipendenti avranno l’obbligo di Certificazione entro il 07 giugno 2031 e, successivamente, ogni tre anni; infine, i datori di lavoro con meno di 100 dipendenti hanno la facoltà di comunicare la loro situazione in materia di divario retributivo.

Le imprese dovranno altresì attivarsi per colmare il “Limite del divario retributivo”. I datori di lavoro assoggettati all’obbligo di comunicazione/certificazione dovranno garantire che l’eventuale divario retributivo misurato sui criteri di genere, in una qualsiasi categoria di lavoratori, non sia superiore al 5%. In caso contrario avranno l’obbligo di rimuovere ogni tipo di ostacolo e rientrare nei parametri indicati dalla norma. Al tal fine, la Direttiva, valorizzando il ruolo delle Parti Sociali quali massime conoscitrici delle specificità dei settori produttivi e delle realtà aziendali, prevede che le attività di valutazione e adozione di eventuali correttivi siano svolte congiuntamente a livello aziendale nell’ambito di un confronto di Dialogo Sociale tra le parti datoriali e quelle sindacali.

Altro importante obiettivo che le Imprese dovranno perseguire è il “Pari Lavoro e Lavoro di Pari Valore”. Nello specifico, la Direttiva nel declinare il principio di parità salariale richiama due concetti: Pari Lavoro e Lavoro di Pari Valore, attorno ai quali si gioca tutto l’impianto normativo. L’analisi ed interpretazione di questi due valori richiama necessariamente un’attività di due diligence aziendale approfondita, mirata e non replicabile, volta a determinare non solo gli aspetti squisitamente contrattuali (inquadramento, livello, anzianità, etc.) ma anche e soprattutto quelli di natura organizzativa e strategica per l’organizzazione aziendale. In buona sostanza, limitare il concetto di equità retributiva a chi ricopre lo stesso ruolo non risolverebbe del tutto il problema della parità retributiva e nemmeno basterebbe riferirsi a livelli contrattuali, che spesso sono usati in modo improprio. Garantire equità retributiva effettiva richiede un ragionamento più esteso, che allarghi il confronto a ruoli assimilabili per requisiti professionali, competenze, impegno e responsabilità, che hanno quindi un medesimo “valore” per l’organizzazione.

Per “misurare” il valore di un ruolo per un’organizzazione è necessario individuare dei criteri neutrali (ossia non influenzati dalle caratteristiche delle persone), che consentano un confronto il più possibile oggettivo, indipendente dalla persona che ricopre il ruolo stesso e dall’area funzionale cui appartiene e, attraverso l’applicazione di questi criteri, costruire dei gruppi di ruoli sostanzialmente omogenei in termini di peso organizzativo. Si tratti quindi di una vera a propria “job evaluation”, ossia una modalità di analisi organizzativa che serve proprio a definire dei job cluster, cioè raggruppamenti di ruoli “di pari valore”, su cui costruire una politica retributiva omogenea. La Direttiva prevede quindi che gli Stati membri definiscano per legge i principi ed i criteri a cui attenersi per costruire strutture retributive eque e neutrali.

Analizzati gli obiettivi, è corretto chiedersi perché se ne debba parlare già in questo anno. Le ragioni sono molteplici. La prima sicuramente è la legge di mercato. Si prevedono per questa norma le medesime dinamiche che si sono prodotte esattamente per altre certificazioni (Parità di Genere, Bilancio di Sostenibilità ed ESG, etc.). Seppur espressamente ed obbligatoriamente rivolte ad aziende strutturate, la subfornitura e la catena di valore non si sono potute esimere dall’adeguarsi a talune misure introdotte dalle citate normative per mantenere i rapporti con i committenti che, ai fini delle loro certificazioni, a loro volta, devono dimostrare di avvalersi di partner e fornitori allineati ai valori tutelati. Lo stesso dicasi per le aziende che lavorano nell’ambito di appalti pubblici.

Altro ottimo motivo per affrontare la Direttiva in questione è l’obbligo di trasparenza. L’obbligo di trasparenza retributiva, come sopra specificato, riguarda tutti i datori di lavoro pubblici e privati, indipendentemente dal limite dimensionale. Altra ragionevole motivazione è data dalla competitività sul mercato del lavoro. Questa norma, più di ogni altra, impatta su uno degli aspetti più sensibili del rapporto di lavoro: la retribuzione. In un mercato del lavoro in cui, soprattutto le imprese più piccole e meno strutturate faticano a trovare manodopera e dove i candidati si pongono nei confronti dei processi di selezione e reclutamento con un approccio sempre più consapevole e selettivo, per le aziende diventa importante e dirimente proporsi come un’azienda “sensibile” a tali temi ed impostata in una logica di trasparenza salariale. Può fare davvero la differenza.

Infine, ma non certo meno importante, è il tema della cultura aziendale. Saper cogliere questa ulteriore opportunità significata rendersi protagonisti nella sfida culturale che da tempo si è innescata volta a superare i due grandi gap europei tra occupazione femminile e quella maschile: 13% di divario retributivo tra uomini e donne; 30% di divario pensionistico tra uomini e donne. In conclusione, occorre parlarne già oggi, seppur in attesa che il nostro Paese recepisca la Direttiva e di conoscerne i dettagli, perché resta il fatto che qualsiasi adempimento dovrà passare da una preventiva e propedeutica attività di due diligence e, nel momento in cui entrerà in vigore la norma nel mese di giugno 2026, per la determinazione e valutazione dei parametri, verrà preso a riferimento tutto l’anno 2026. Ne deriva che già a partire da gennaio 2026 le aziende avranno la necessità di adeguarsi e, nel fare ciò, hanno necessità di un supporto specialistico in grado di svolgere in maniera competente l’attività di due diligence. Sicuramente il 2026 sarà un anno che aprirà le porte a nuovi ed interessanti adeguamenti nel tema del lavoro.

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